Scusatemi, davvero. Anche se siete silenziosi avete continuato a seguirmi ed io sono un'ingrata. La mia scusa stavolta è anche più triste delle altre: in pratica ho avuto (ed ho ancora) l'internet che gioca a nascondino. Ho inoltre preparato l'esame di Storia e Critica del Cinema, il famoso esame alla cui professoressa avevo chiesto la tesi. Grosso errore: VOLEVO, DOVEVO assolutamente fare bella figura perché il mio corso di laurea è a numero aperto e trovare un relatore è difficilissimo: mi ha concesso la tesi, pur scegliendo lei l'argomento e scartando i miei a priori, senza nemmeno conoscermi. Mi ha concesso il beneficio del dubbio e questa cosa mi ha messo sotto pressione che è una meraviglia. Sono una persona molto ansiosa, più di quanto possiate immaginare e molto timida, gli esami orali per me sono un grosso problema e li vivo malissimo già senza mettermi da sola delle grosse aspettative... quindi immaginatevi cos'è stato per me affrontare tutto.
Comunque alla fine è andato bene, l'ho passato e sono tornata a casa con due proposte di tesi intese come due film. Uno non l'ho nemmeno visto perché il primo mi era piaciuto un sacco: L'arpa birmana, un film giapponese del 1956 contro la guerra. Ed io adoro l'Asia, specialmente il Giappone e ancor di più la Birmania. Adoro la spiritualità del buddhismo e quindi questo film sembrava fatto per me. Poi oltre ad internet che va a balzi, è successo una delle cose più tristi. La salute di mio nonno, 87 anni, si è aggravata e Sabato notte ci ha lasciati. Avevo l'immensa fortuna di aver perso solo un nonno finora ed ero molto piccola, però tutto sommato sono riuscita a non prendermela più di tanto.

Iniziamo dal principio, quello già accennato nel post precedente, ovvero La storia della principessa splendente. Ispirato da un'antica leggenda giapponese, è diretto da Isao Takahata.
Ecco, qui potrei rischiare di scatenare un po' d'odio: mi è piaciuto? Nì. La storia nel complesso è molto carina, ma secondo me la lunghezza del film rischia di renderlo un po' troppo... lungo appunto. Ci sono dei punti in cui, insomma, ti accorgi che il film sta durando 2 ore e più.
L'inizio del film, dove lei è piccola e insegue la rana mi hanno fatto una tenerezza incredibile, mi è piaciuto moltissimo anche la storia dei pretendenti che sa proprio di racconto da mille e una notte e, soprattutto, mi è piaciuto il modo così accurato con cui Takahata spiega l'educazione e i canoni di bellezza del tempo, come ad esempio i denti neri. È una riflessione sul rapporto genitore figlio in cui le posizioni dei due genitori sono ben distinte: la madre è una mamma chioccia e fino all'ultimo non si preoccupa mai dell'educazione regale della figlia, lei le voleva bene allo stesso modo anche quando correva scalza per i boschi. Dopo tutto, Principessa è vero e proprio dono, che si è presentato da lei dopo una vita senza figli e in un'età in cui averne era ormai impossibile. Il Padre invece pretende da lei ma lo fa per il suo bene, nel desiderio che lei viva una vita degna e felice, rendendosi conto di quanto il suo amore fosse effettivamente troppo quando Principessa desiderò tornare da dov'era venuta.
C'è una cosa che non mi è piaciuta, ed è stata la reazione dei fan agli Oscar. Molti hanno gridato all'ingiustizia perché è un film capolavoro che meritava l'oscar se non per il suo omaggio alla tradizione giapponese (cosa che hanno TUTTI i lavori dello Studio Ghibli) quanto per la particolare tecnica di disegno. Ecco, questo non l'ho gradito per il semplice motivo che l'anno scorso tra le candidature c'era un film d'animazione francese, Ernest e Celestine, che aveva anch'esso una particolare tecnica di disegno ma nessuno se lo filò. Per questo credo che non sia lo studio Ghibli ad essere di "serie B": in quella categoria ci sono tutti gli altri, quest'anno ad esempio è toccato da Boxtrolls che se entriamo nell'ottica del film d'animazione = film per piccoli, aveva un importantissimo messaggio da dare e invece, poveraccio, è diventato di nicchia. Io comunque il 25 Maggio andrò a vedere il documentario sullo Studio Ghibli.

