sabato 27 febbraio 2016

#Oscar2016: Steve Jobs | The Danish Girl | Il caso Spotlight | La grande scommessa | Brooklyn

Terza puntata degli Oscar 2016. Purtroppo non riuscirò a fare tutti i film come sperato ma ragazzi, ho passato Spagnolo 1 dopo aver provato lo scritto la bellezza di NOVE volte! Nove appelli significa che ci ho provato per praticamente un anno e mezzo senza successo e potete solo immaginare la frustrazione che mi ha provocato questa cosa, quindi dopo aver passato lo scritto superare le due prove orali e avere finalmente quel maledetto voto caricato nel libretto era la mia assoluta priorità. L'università è sempre stata la cosa in assoluto più importante, ricordo che da piccola dicevo sempre che volevo laurearmi. Non m'importava il corso, volevo solo laurearmi. Dopo aver passato questo maledetto esame che mi ha portato ad odiare lo spagnolo in maniera forse irreversibile, sono riuscita a recuperare solo perché ho iniziato a guardare più e meno due film al giorno, ma non riuscirò comunque a vedere in tempo i film stranieri e i documentari e mi dispiace perché talvolta sono i più interessanti.


Steve Jobs (2015, USA, di Danny Boyle) è il secondo film sul co-findatore della Apple. Ha ricevuto due candidature:
  • Miglior attore protagonista a Michael Fassbender, assieme a: Bryan Craston (Trumbo), Matt Damon (The Martian), Leonardo DiCaprio (Revenant), Eddie Redmayne (The Danish Girl)
  • Miglior attrice non protagonista a Kate Winslet, assieme a: Jennifer Jason Leigh (The Hateful Eight), Rooney Mara (Carol), Rachel McAdams (Il caso Spotlight), Alicia Vikander (The Danish Girl)
Michael Fassbender, meglio conosciuto come Fassy, secondo i critici è l'attore che potrebbe mettere in pericolo la vincita del povero Leo. Il film si può divide in 3 parti, tre fasi della vita di Steve che corrispondono ad altrettanti prodotti: Il Macintosh del 1984, il NeXT del 1988 e l'iMac nel 1998. Sono troppo piccola per ricordare i primi due prodotti, alcune cose mi sono un attimino sfuggite. Però non è questa la cosa importante, perché i prodotti sono un misero contorno. La verità è che a Fassy spetta l'ingrato compito di far vedere il lato oscuro di un personaggio che è stato amato, che con il suo "Stay hungry, stay foolish" ha incoraggiato e ispirato molte, moltissime persone. Steve Jobs è un personaggio idolatrato, basti pensare al fatto che la sua assistente Joanna gli fa presente che i suoi computer costano troppo per il 1984 e adesso i suoi prodotti continuano a costare troppo ma la gente fa la fila ai lanci dei suoi prodotti per averne uno. La mela morsicata è un marchio in cui gli altri si identificano, è quasi uno status symbol. E a Fassbender tocca il compito di smontare questa figura idilliaca, porta gli spettatori che lo amano a pensare diversamente, come il motto dei suoi prodotti. Partiamo dalla complicata relazione fra lui e Lisa, che si evolve assieme ai suoi computer. È una figlia non voluta e Jobs glielo dice senza mezzi termini. Tratta male i colleghi, in pratica nessuno lo ama veramente, se non fosse per quell'anima pia di Joanna che sistema la sua vita e il suo lavoro, sempre. Joanna è il perno di Jobs, l'unica persona che alla fine riesce a farlo ragionare. Forse è l'unica persone per cui Jobs ha rispetto, l'unica che ascolta. Steve Jobs nella vita di tutti i giorni era arrogante, così sicuro di sé da trattare gli altri come persone senza cervello, una persona che non si curava di ferire i sentimenti altrui. Infatti alla fine ha fatto terra bruciata attorno a sé e Fassbender riesce a farsi odiare così tanto in questo film che mi sto ancora chiedendo com'è che Joanna non è ancora stata fatta santa. E comunque sarebbe bellissimo vedere Leonardo e Kate vincere l'Oscar assieme, la fangirl che è in me urla al solo pensiero.


The Danish Girl (2015, USA/UK, di Tom Hooper) di candidature ne ha 4:
  • Miglior attore protagonista a Eddie Redmayne, assieme a Matt Damon (The Martian), Leonardo DiCaprio (Revenant), Bryan Cranston (Trumbo),   Michael Fassbender (Steve Jobs), Eddie Redmayne (The Danish Girl)
  • Miglior attrice non protagonista a Alicia Vikander, assieme a: Kate Winslet (Steve Jobs), Jennifer Jason Leigh (The Hateful Eight), Rooney Mara (Carol), Rachel McAdams (Il caso Spotlight)
  • Miglior scenografia a Michael Standish & Eve Stewart, assieme a: Celia Bobak & Arthur Max (The Martian), Rena DeAngelo, Bernhard Henrich & Adam Stockhausen (Il ponte delle spie), Colin Gibson e Lisa Thompson (Mad Max: Fury Road), Celia Bobak & Arthur Max Jack Fisk e Hamish Purdy (Revenant)
  • Migliori costumi a Paco Delgado, assieme a: Jacqueline West (Revenant) Jenny Beavan (Mad Max: Fury Road), Sandy Powell ( Carol e Cenerentola)
Mi tocca cercare di essere il più imparziale possibile, perché io amo alla follia Eddie e vorrei tanto che vincesse perché anche qui come lo scorso anno in La teoria del tuto è riuscito ad emozionarmi tantissimo. Assieme a Carol è il film che si occupa dei diritti LGBT in quest'edizione degli Academy. Nel film Carol si parla di una relazione fra due donne e di una di esse che si vede sottratto l'affidamento della propria bambina proprio a causa della sua omosessualità, che negli anni '50 aveva a che fare con la morale. Ne parlerò meglio nel prossimo post. Qui si racconta la storia di Lili Elbe, che ha ispirato il romanzo La danese di David Ebershoff. Lili è un personaggio realmente esistito, è la prima persona ed essere riconosciuta come transessuale, la prima ad aver fatto una transizione. Lili nasce come Einar Wegener e si sposa molto giovane con Gerda Gottlieb. Entrambi sono artisti ed è probabile che questo sia stato un aiuto nella loro storia. Lili nasce da un gioco, come soggetto per i ritratti di Gerda e diventa presto realtà. Esattamente come in La teoria del tutto, la moglie di Lili ha un ruolo importantissimo, confermando che dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna anche se in questo caso ho fatto fatica a capire se ho provato più pena per Lili, transessuale in un mondo che li vorrebbe con la camicia di forza, o per Gerda, moglie di uomo che ama profondamente ma che non può più ricambiarlo. Gerda si è fatta forza per sé stessa e per il suo compagno, che non ha mai abbandonato, che ha sempre supportato, che ha prontamente a tutti quei medici che lo volevano "curare" dalla sua "malattia". Tratta un argomento delicato ma il trasporto emotivo è tale che penso che anche il più bigotto, il più scettico, anche quello del Family Day non possono restare insensibili al dolore, alla tragedia una dona incastrata in un corpo non suo, una donna che si deve nascondere, che viene picchiata per qualcosa per cui non può fare niente. La storia di Lili Elbe meritava di essere raccontata e merita di essere vista.



Il caso Spotlight (Spotlight. 2015, USA, di Tom McCarthy) ha ricevuto sei candidature:
Il film parla di un tipo di giornalismo che mi è molto caro: il giornalismo d'inchiesta. Mi è caro perché nel momento in cui ho deciso di iscrivermi ad un corso di laurea che si occupa di giornalismo, ho detto a me stessa che se quello un giorno dovesse diventare il mio lavoro, voglio occuparmi d'inchiesta. L'ho sempre trovato il più affascinante e a suo modo anche il più utile. Spotlight è una rubrica del giornale Boston Globe e si occupa di inchieste giornalistiche. Il nuovo direttore, Marty Baron, incoraggia la squadra a scavare più a fondo nella vicenda dei preti pedofili della città, mentre lui "fa causa alla chiesa cattolica" per ricevere dei documenti sull'argomento. La squadra Spotlight inizia il suo lavoro contattando un sopravvissuto alle molestie che ha messo su un'associazione per vittime dei preti pedofili, che gli fornisce abbastanza materiali da scoprire che i preti sono un numero di gran lunga maggiore di quanto si aspettavano: novanta preti nella sola città di Boston. Raccogliendo testimonianze e studiando gli archivi, scoprono anche la chiesa cattolica usa diciture precise per indicare i preti che vengono di volta in volta spostati da una parrocchia all'altra, quindi con uno schema è possibile rintracciare i nomi. La vicenda cambierà la vita dei giornalisti e sono sicura che sconvolgerà anche le vostre, perché le testimonianze sono tutte esplicite, raccontate nella loro crudeltà... fanno venire i brividi. In realtà tutto il sistema è inquietante, dagli avvocati che danno man forte alla chiesa, al modo in cui quest'ultima è riuscita a nascondere tutto per troppo tempo ed il modo in cui cerca di nascondere anche l'indagine fa pensare che sotto potrebbero esserci chissà quali altre atrocità. A Spotlight l'inchiesta è valsa il Pulitzer nel 2003 mentre a noi italiani è toccato l'arcivescono Law, ovvero colui che è si occupava del trasloco di questi preti. Dopo l'inchiesta è stato trasferito a Roma, mentre le testimonianze delle vittime sono state più di 600. Penso che sia veramente interessante per tutti osservare come si lavora all'interno di un giornale, vivere come nasce un articolo prima, un'inchiesta poi e gli sviluppi successivi alla pubblicazione. 


La grande scommessa (The big short, 2015, USA, di Adam Mckey) ha cinque candidature:
Mi piacerebbe poter parlare a lungo di questo film, fare lunghe analisi sugli argomenti, sui fatti, sulla tematica. Ma non ne sono in grado ed è una sensazione bruttissima che non mi capitava da quando al corso di cinema ho visto Margin Call. Per me l'economia è un arabo come qualsiasi cosa che concerne la matematica e che ci crediate o no mi sono sforzata a lungo di capire. A dire il vero, la cosa bella di questo film è che si sforza di fari capire: Margot Robbie, Anthony Bourdain, Selena Gomez e Richard Thaler appaiono nei punti del film in cui sembra che il cervello stia per scoppiare dalla confusione per spiegare in modo tanto pacchiano quanto efficace cosa sta succedendo. A me la cosa ha aiutato molto, solo che non sono assolutamente in grado di ripeterlo. Quello che ho capito è che Christan Bale interpreta un appassionato di metal estremamente intelligente che andando contro tutti ha scoperto una grossa bolla nel mercato immobiliare dovuto al fatto che con la crisi e tutto il resto, le persone non sarebbero più state capaci di pagare i propri mutui, ovvero la cosa su cui i creditori facevano affidamento. Utilizzando una formula flessibile li hanno concessi praticamente a tutti e questo, in parole povere, è quello che ha mancato in rovina le banche. Ci sono tre storie in parallelo: la principale è Michael Burry, che ha l'intuizione nel 2005 e spende più di un miliardo per "portarsi avanti col lavoro"; poi c'è Vennett, che appena viene a sapere della cosa si mette in affari con Baum e la sua squadra, che odiano tutta Wall Street ma lavorano in quel campo, poi ci sono Finn e Charlie, due giovani investitori alle prime armi ma molto promettenti che scoprono casualmente dell'affare e convincono Rickert, un banchiere in pensione, ad aiutarli. Il film si sviluppa più o meno come Margin Call, che racconta la notte precedente al fallimento della Lehman Brothers. Copre un arco di 3 anni, dal 2005 al 2008, anni in cui le banche hanno sminuito e completamente ignorato il problema della bolla, continuando a vendere CDO e a fare la bella vita sulla fiducia della gente comune. In tutto questo delirio, questi soldi spesi e guadagnati, ci sarà anche spazio per ripensare a cosa ha veramente significato tutta questa noncuranza e forse il momento migliore del film è proprio quello in cui Rickert si gira verso i due giovani ormai ricchi per dire loro di smetterla di gioire: tutti loro hanno guadagnato sui lavori e sulle pensioni perse, sulla fiducia nelle banche, sui risparmi di una vita andati in fumo. Ed io che sono una figlia della crisi, non posso che essere d'accordo con lui.


Brooklyn (2015, Irlanda, UK & Canada, di John Crowley) è un film tratto dall'omonimo romanzo di Colm Tóibín, che sicuramente non tarderò ad aggiungere ala libreria. Ha ricevuto tre candidature:
  • Miglior film, assieme a: Il ponte delle spie, Revenant, Mad Max: Fury Road, The Martian, La grande scommessa, Room, Il caso Spotlight
  • Miglior attrice protagonista a Saoirse Ronan, assieme a: Jennifer Lawrence (Joy), Cate Blanchett (Carol), Brie Larson (Room), Charlotte Rampling (45 years)
  • Miglior sceneggiatura non originale a Nick Hornby, assieme a: Charles Randolph e Adam McKay (La grande scommessa), Drew Goddard (The Martian), Phyllis Nagy (Carol), Emma Donoghue (Room)
Ero parecchio scettica, in realtà avevo deciso di guardarlo solo se mi sarebbe bastato il tempo, perché dalla trama sembrava il solito triangolo amoroso a sinceramente... meh. Poi però è successo che lo dovevo guardare dopo cena e si era fatto un po' tardi, quindi scegliendo fra questo e Carol ho optato questo perché è più corto. Posso dire che è il mio preferito per molteplici motivi: amo gli anni 50, dal modo così elegante di muoversi, alla gentilezza dell'amore, dalla brillantina ai vestiti da donna. Se avessi letto la trama con attenzione probabilmente l'avrei visto per primo. Poi è una tematica di cui ultimamente si è parlato tanto, di cui ho già parlato quando ho raccontato le mie impressioni su O menino e o mundo, anche se qui i protagonisti sono diversi: nel film brasiliano ad andare via è il padre del bambino, in questo caso ad andare via è Eilis, la protagonista. La fuga di cervelli è una cosa di cui si è parlato tanto qui in Italia, è una piaga per il nostro paese e qui in Sardegna è una cosa che si sente parecchio. Siamo senza futuro come i giovani irlandesi e talvolta ho impressione che l'isolamento tipico di chi vive in un'isola renda il distacco molto più drammatico. Non so come sia nel resto del Bel Paese, ma qui le persone anziane consigliano i giovani ad andare via, io me lo sento dire da quando sono piccola. Quando le persone scoprono che studio lingue la risposta è quasi sempre "hai fato bene, così ti trovi meglio quando parti". La mia tesi di maturità parlava dell'esilio, perché di questo si tratta quando sei costretto a partire per poter diventare grande, indipendente, per poterti fare una famiglia e avere una casa. Eilis si trasferisce dall'Irlanda a Brooklyn con il cuore in mano, con le radici strappate a forza e appena arrivata Brooklyn sta male. Il Padre che l'ha aiutata ad arrivare lì le dice che "la nostalgia di casa è come le altre malattie, passerà". È un gioco di parole che in italiano non rende ma in inglese è poesia. E c'è qualcosa di più vero? La maggior parte delle persone che si trasferiscono passano i primi tempi a piangere ed Eilis ha pure il vantaggio di essersi trasferita in un posto dove parlano la stessa lingua, secondo me non sentire più suoni e parole che riportano a casa è una delle cose che rendono la cosa più difficile. Eilis poi si innamora di un bellissimo gentiluomo di origini italiane, Antonio Fiorello, che già sentire il nome ha fatto innamorare pure me. Tutto sembra andare a gonfie vele. Ma siccome il 'mainagioia è sempre in agguato, la sorella muore e lei decide di sposare il suo Tony prima di tornare in Irlanda. In patria succede la cosa peggiore per una persona che dopo pianti e sudate si è messo l'anima in pace e si è rifatto una vita fuori: improvvisamente tutto quello che ti è mancato e che ti ha costretto ad andare via è lì per te. Eilis trova un lavoro, trova una persona interessata a lei, tutti la amano, nessuno vuole che torni in America. Vedendo quelle scene ho provato gli stessi sentimenti che ho provato leggendo questo. Un posto che ti molla, che non ti ricambia e che poi ti brama. Come quell'ex che hai amato una vita, che si mette con la tua migliore amica e poi torna implorante da te lasciandoti fra i dubbi. Credo sia lecito chiedersi quanto può essere bastarda e ingiusta la vita prima di lasciarti un pochino in pace. Il problema è che poi non si può tornare dove si è piccoli, dove ci si conosce tutti e mollare la città, la vita, la grandezza. Eilis appena in tempo e fa quello che tutti dovrebbero fare: tornare da Fiorello. Insomma, io l'ho trovato un inno bellissimo a quelli che sono i tempi di oggi, ai giovani che hanno il coraggio di mettere la propria vita in una cazzo di valigia e cambiare cibi, lingua, abitudini. A tutti voi e anche a me quando arriverà il momento, vi auguro un Antonio Fiorello che chieda di sposarvi al parco, di notte, quando volete partire e potreste non tornare.

You'll feel so homesick that you'll want to die, and there's nothing you can do about it apart from endure it. But you will, and it won't kill you. And one day, the sun will come out you might not even notice straight away-it'll be that faint. And then you'll catch yourself thinking about something or someone who has no connection with the past. Someone who's only yours. And you'll realize that this is where your life is.


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