mercoledì 30 luglio 2014

Dr. Seuss, dalla carta al grande schermo.

L'altro giorno su Italia 1, prima di Dragon Trainer, c'era Lorax - il guardiano della foresta e giustamente ho detto a mio fratello di guardarlo (ha accettato con piacere, con mio grande stupore). Entrambi, io per un bel bis, abbiamo deciso di mangiare davanti alla tele pur di non perderci niente, rischiando che il cane ci sbavasse/rubasse la pizza. Caso volle che un paio di giorni prima, mentre guardavo Polifemo - Quello che nessuno ti fa vedere (su mtv) e, presa dall'entusiasmo per la magnificenza delle stampanti 3D, mi è tornato in mente proprio questo racconto e mi sono resa conto che, per quanto possano sembrare per bambini (complici anche le rime caratteristiche dei suoi libri e riprese sempre negli adattamenti cinematografici), quelli del Dr. Seuss sono veri e propri insegnamenti di vita. Nello specifico, in questo caso, mentre guardavo prototipi di stampanti 3D fare miniature di qualsiasi cosa e, se vogliamo, "rubare" i lavori manuali agli esseri umani, mi sono ricordata di Thneedville, la cittadina artificiale dove si svolge l'intera vicenda: alberi a batterie, cespugli gonfiabili, suolo di plastica, aria pura in vendita.
A questo punto ci sono arrivati perché Once-ler, che vive isolato fuori da Thneedville, anni prima disboscò la valle degli alberi di truffola per produrre il Thneed, un materiale all'avanguardia in grado di svolgere qualsiasi funzione. Inizialmente l'intervento di Lorax, (invocato dall'abbattimento del primo albero) sembra rassicurarci sul fatto che Once-ler sia propenso a produrre thneed salvando gli albero. Tutto cambia quando la famiglia del ragazzo si presenta nella valle, che lo convince ad abbattere altri alberi per riuscire a star dietro alle pressanti richieste del prodotto. Detto, fatto: il successo e la ricchezza annebbia la mente di Once-ler, che rade al suolo gli alberi, inquina l'aria costruendo un'enorme fabbrica, costringe gli animali a fuggire dalle loro case alla ricerca di un posto in cui poter sopravvivere. Inutili i continui richiami di Lorax, Once-ler si dovrà fermare solo quando l'ultimo albero di tuffola sarà abbattuto e quindi il suo business fallirà. Solo in quel momento c'è una presa di coscienza, di tutta la distruzione e del dolore che il suo egoismo ha causato. Questa storia fa da flashback a quella principale (che ricorda vagamente Wall-e) di Ted, un ragazzino che vuole regalare alla ragazza di cui è innamorato un albero vero, di cui rimane un ultimo seme gelosamente custodito da un ormai emarginato, vecchio e malinconico Once-ler. Il tutto è ostacolato dal signor O'Hare, ex addetto alla affissioni manifesti e ora sindaco della cittadina, arricchitosi dalle ceneri del thneed vendendo aria pura, che ormai non esisteva più, che fallirebbe qualora gli alberi tornassero a produrre aria gratuitamente. Una bellissima morale, che ritorna con la frase «A meno che qualcuno non ci tenga molto, niente andrà meglio o risolto», riproposta anche prima dei titoli di cosa.



Come tante volta nella vita, il titolo e il trailer mi ha ingannato. Non ero assolutamente ben disposta verso questo film così come non lo ero vero Ortone e il mondo dei Chi.  Ed anche qui mi sbagliavo. Ortone è meraviglioso, è divertente, è colorato, molto colorato. E credo che, anche in questo caso, la morale sia più per gli adulti che per i bambini, che potrebbero anche avere qualche problema a dedurla. Ortone è un elefante, un personaggio bizzarro con cui i cuccioli della zona Nullo adorano passare il tempo. Tutti i cuccioli lo seguono, eccetto il piccolo Rudy, che ha la sfortuna di essere il figlio di Ella, la cangura dittatrice vagamente vamp che odia Ortone e la sua fervida immaginazione.
Il 15 Maggio Ortone sente provenire un rumore da un granello (che ricorda spudoratamente gli alberi di truffola) e, una volta messo al sicuro, inizia a conversarci. Dall'altra parte c'è il stressatissimo Sindachi, sindaco della città di ChiNonSo, abitato dai NonSoChi (lo so, il vostro cervello ha iniziato a fumare), un signore con 96 figlie e un solo maschio. Il Sindachi è un uomo molto impegnato, che nonostante gli impegni cerca di essere presente in egual misura per tutti i figli; è un padre esemplare che tuttavia mostra delle problematiche solo col figlio maschio, un ragazzino solitario amante della musica che si ribella alla volontà del padre, che lo vorrebbe futuro sindaco della città, carica che la famiglia si tramanda da generazioni. Qui inizia un divertente parallelo tra i due mondi: il Sindachi che crede di essere pazzo e cerca di nascondere tutto alla famiglia e Ortone, che nessuno crede e da cui tutti iniziano ad allontanarsi. Ci sono tuttavia degli avvenimenti strani in città, dovuti allo spostamento del granello, che convincono il Sindachi che la voce non è nella sua testa e quando la professoressa Losà avverte che gli spostamenti avrebbero potuto distruggere la città, il primo cittadino dei NonSoChi si trova costretto a chiedere aiuto a Ortone, pregandolo di spostare il granello in un posto sicuro. Inizia per l'elefante un viaggio verso la cima del monte Nullo, ostacolato da Ella, che vuole la distruzione del prezioso granello poiché convinta che una cosa che non si può vedere o udire non esiste. Dopo mille peripezie e grazie all'aiuto di Rudy, Ortone salva ChiNonSo e il Sindachi risolve le cose con Jojo, il suo figlio maschio. Morale della favola? «Ogni persona è importante, per piccola che sia».



Un ultimo riferimento a Seuss. Il film del Natale per eccellenza, il film che ho visto esattamente ogni Natale per 21 anni, più imprescindibile del pranzo-bomba dalla nonna, del panettone, dei regali, dell'albero: il Grinch. Il più conosciuto, che si rifà direttamente a quel sentimento che ognuno di noi ha quelle due settimane prima delle vacanze, quando ti cercano parenti/amici/ex che non senti da una vita solo per farti gli auguri, quando alla televisione ci propongono sempre Mamma ho perso l'aereo e simili, quando tutti i sacrifici degli 11 mesi precedenti di dieta vanno a farsi fottere, quando su facebook tutti i tuoi amici pubblicano foto della nave e da te solo pioggia. C'è un po' di Grinch dentro oguno di noi, siamo tutti verdi e non mi riferisco a Hulk. Non c'è bisogno di raccontare nient'altro, visto che tutti nella vita lo hanno visto o lo vedranno. Esiste qualcuno che come me non è Natale senza il Grinch in ogni famiglia, non ci sfuggirete.


giovedì 24 luglio 2014

Saghe a metà.

Stamattina sono andata in biblioteca a cercare del materiale per poter scrivere una bozza di bibliografia della tesi e mi sono imbattuta in un libro che mi ha fatto venire in mente di scrivere questo post.
Il libro in questione è La bussola d'oro, da cui è stato tratto nel 2007 un omonimo film. Per chi non lo sapesse, è il primo volume della Queste oscure materie di Philip Pullman. Ecco, ho visto il film credo l'anno scorso e il finale ha lasciato intendere che ci sarebbe stato un continuo.
Peccato che così non sia. Ero disperata, arrabbiata, frustrata all'idea di non sapere dove diavolo fosse la fine della cavalcata della bambina e dell'orso. Perché è così che finisce il film: Lyra cavalca Iorek alla ricerca di Lord Asriel. Il finale è stato appositamente tagliato, ma inutilmente. Mi hanno lasciato con la curiosità alle stelle, quindi appena ho visto il libro bollato come 'per bambini mi son precipitata tutta fiera alla registrazione, consapevole che finalmente parte dei miei dubbi e delle mie sofferenze avranno finalmente fine. Su wikipedia è scritto che un sequel era previsto, ma a causa della crisi del 2008 le riprese son state sospese. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà prima della fine della crisi ed è probabile che Lyra correrà per sempre senza mai trovare suo padre.
Non so a voi, ma a me queste cose danno un fastidio tremendo. Non è uno di quei film dove il finale devi interpretarlo tu, Lyra deve trovare e salvare suo padre. Qualcuno dovrebbe far finire questo viaggio, se non altro per rispetto verso l'amore che i fan provano per la saga.

E qui mi torna in mente un'altra serie di adattamenti cinematografici, iniziati e non ancora finiti. Una delle mie saghe preferite, tra l'altro: Le cronache di Narnia. 7 libri ma 3 film. Ci ho messo parecchio (quasi due anni) a leggere tutta le cronache, che eccetto il cavallo e il ragazzo ho adorato. Un quarto film, la sedia d'argento, dovrebbe uscire nel 2015. Ecco, vorrei fare una piccola puntualizzazione: la produzione va avanti in ordine "cronologico". Ma indietro si son lasciati il primo capitolo, quello che spiega come è nata Narnia, come è finita nell'armadio e chi è la strega. Vorrei con tutto il mio cuore sperare in qualcosa di molto simile a lo hobbit, ma credo di sbagliarmi di grosso. Se i miei timori dovessero rivelarsi veritieri, chi non prenderà in mano il libro non saprà perché nel bel mezzo di Narnia c'è un palo londinese.

Passiamo al fumetto: Adèle e l'enigma del faraone, tratta dalla serie di fumetti Le straordinarie avventure di Adèle Blanc-Sec è un film che quando lo guardi vorrei vedere subito il seguito. È uscito nel 2010 e Luc Besson, regista e produttore, ci tiene a farci sapere che sarà il primo di una triologia. Questo quattro anni fa. E noi vogliamo sapere cosa succede alla protagonista, visto che nella scena finale si trova sul Titanic. Siamo sicuri che non potrà succederle niente, visto tutto quello che riesce a fare nei 106 minuti di durata della pellicola, ma vogliano rassicurarci.

Le cronache di Spiderwick, per concludere. 5 volumi riassunti in 107 minuti, in un unico film. Che credo sia molto, molto riduttivo. Me lo ricorderò sempre perché lo guardai in tv mentre piangevo dai dolori causati per l'otite e la febbre. Il film specifica proprio 'le cronache' e quindi aspettai anni, finché alla fine qualche dubbio mi venne. Una grandissima delusione, perché anche se il film aveva un finale già completo, mi piacque così tanto che un po' ci speravo in un sequel. Io però non conoscevo la saga, me ne sono fatta una ragione. Mi immagino, piuttosto, la reazione dei fan.

domenica 20 luglio 2014

La grande (enigmatica) bellezza.

Mi sembrava doveroso iniziare da qui, dal film che ha riportato l'oscar in Italia dopo 15 anni.
Paradossalmente è stato molto amato dagli stranieri mentre gli italiani l'hanno reintitolato «la grande schifezza».
 A me è piaciuto: esatto, faccio parte di quella piccola parte di italiani accusata di essere "intellettuale" perché ha apprezzato il film di Sorrentino... o meglio, perché l'ha capito.
Infatti il problema del film è stato semplicemente il fatto che gli italiani non sono riusciti a seguire la trama. Nessuna critica agli attori o alla fotografia o alla produzione. Gli italiani hanno apprezzato Roma (forse troppo) ma non hanno cosa volesse trasmettere la pellicola nei suoi 142 minuti di durata. Alcuni si sono anche un po' offesi perché l'Italia non è questa; lo è stata un tempo ed ora non lo è più. L'Italia è in crisi, non c'è tempo per i festini, per i vestiti firmati, per tutti quei lussi che noi comuni mortali italiani possiamo slo sognare. Il problema è che Sorrentino non voleva raccontare l'Italia dei disoccupati e degli operai sottopagati, ma di quelli che vivono l'altra Italia (quelli di cui parlando i giornali, che finiscono nelle riviste di gossip, quelli di cui parlano i giornali e di cui diciamo sempre che non ci interessa... anche se nella realtà sono le notizie più cliccate) e che la crisi, se la sentono, è solo artistica.
Sorrentino io l'ho conosciuto facendo la giuria per il David: Sorrentino partecipò con "This must to be the place", vincendo anche parecchi premi. Ecco prima di quell'anno, io ero una di quelle persone solite identificare il cinema italiano con i cinepanettone. Mi sbagliavo e chiedo venia. Il suo film mi colpì particolarmente: pensai a quel film per tutta la settimana e per molte di quelle successive e dopo l'escalation di insulti per la grande bellezza ho potuto confermare ciò che pensavo ancora: Sorrentino va, semplicemente, capito. Nel senso che una volta arrivato ai titoli di cosa rimani col pensiero del «cosa avrà voluto dire?» e i più audaci non si arrendono e cercano di dare una risposta a questa domanda. Quindi, se possibile, vorrei darvi una breve spiegazione del film:

Jep Gambardella (Toni Servillo) è un giornalista famoso che raggiunse il successo con un romanzo scritto in gioventù e in seguito al quale si è trasferì a Roma per vivere all'insegna del divertimento e del lusso. A 65 anni, Jep è ancora un personaggio mondano la cui unica attività giornaliera pare essere quella di partecipare a festini con i suoi, anche essi famosi, amici. Qui troviamo Romano, scrittore di teatro in crisi, Stefania, scrittrice famosa grazie all'aiuto di altri personaggi in vista e Viola, borghese con un figlio con gravi problemi psicologici e manie suicide.
Gambardella conduce esistenza felice ed invidiabile fino alla morte di Elisa, il unico e vero amore, evento che gli fa desiderare di rimettersi in gioco e scrivere qualcosa di nuovo. Durante una passeggiata per Roma, il protagonista si accorge e ci dice che la vita sfarzosa che andava cercando cavalcando l'onda del successo, era la stessa che ora gli faceva vivere un'esistenza vuota e priva di ispirazione. Quando tutto sembra perduto arriva Ramona, una spogliarellista che sembra poter diventare la sua musa: tra i due si instaura una relazione particolare, lei sembra non volersi impegnare ed il motivo ci viene spiegato poco dopo. Lei, interpretata da Sabrina Ferilli, è malata e muore poco dopo.
Qui inizia la discesa e la presa di coscienza di Jep con una serie di tristi avvenimenti: Romano, troppo deluso dall'insuccesso, lascia Roma; Stefania, dopo una violenta discussione in cui Jep le rinfaccia che il suo successo è legato solo ed esclusivamente alle sue conoscenze, lascia la vita mondana; Viola, dopo il suicidio del figlio, parte volontaria in Africa. Rimasto solo, il protagonista si aggrappa a Dadina, direttrice del giornale per cui lavora, che gli procura un'incontro esclusivo con una missionaria cattolica del terzo mondo. Ed è proprio quella Santa a dire una frase che racchiude l'intera crisi di Jep: «Io mangio radici, perché le radici sono importanti».
Jep si reca all'Isola del Giglio per via del naufragio della Costa Concordia e lì si ricorda della prima volta che ha fatto l'amore con Elisa. Ricordando che la vera "grande bellezza" sta nelle cose semplici della vita, ora Jep può ricominciare a scrivere.

La scena iniziale è davvero fuorviante e secondo il mio modestissimo parere fa perdere il senso del film. Ma volevo dire una cosa, alla luce della mia spiegazione: il fatto che i protagonisti siano ricchi e famosi non significa che noi non ci possiamo identificare in essi. Abbiamo tutti, soprattutto in questi periodo in cui siamo troppo arrabbiati e preoccupati per pensare alla semplicità, dimenticato che la bellezza è nel farci una passeggiata al mare mano nella mano con qualcuno, ad esempio. Sperando di avervi aiutato a capire e, magari, ad apprezzare, vi saluto e vi ringrazio.