martedì 29 dicembre 2015

Snoopy & Friends | Il viaggio di Arlo

Ancora una volta mi trovo a dovermi scusare per essere scostante, ma all'università mi mancano due esami che mi stanno impegnando tantissimo e la tesi è praticamente il mio peggior incubo. I film di cui parlo oggi rischiano di essere un po' passati, ma ci tenevo a dire la mia.
Quindi:


Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts (2015, USA, 88 min., regia di Steve Martino) è il film dell'omonimo fumetto nato negli anni 50 dalla geniale mentre di Charles Monroe Schulz.
Inizialmente, poco prima della morte dell'autore, lo stesso e i suoi figli avevano deciso di comune accordo di non continuare con la serie ma evidentemente qualcosa è cambiato. Infatti nella sceneggiatura troviamo ben due Schulz, Bryan e Craig.
Le principali critiche popolari, che leggo principalmente dai social network, mosse su questo film sono sicuramente di appassionati delle strisce e pressano sempre sullo stesso punto: non c'era bisogno di un film. Ed effettivamente no, non c'era bisogno, Snoopy è già famoso così. Ma famoso fra quali generazioni? Ormai sono passati 15 anni dell'ultima pubblicazione ed io stessa lo conosco per le raccolte di albi noleggiate in biblioteca. Senza contare che i fumetti stanno vivendo dei bei momenti se pensiamo alla candidatura di Zerocalcare al Strega, ma rimangono comunque un tipo di letteratura "di nicchia", basti pensare sempre alla candidatura di Zerocalcare al Strega che molti non ritenevano doverosa perché secondo alcuni un fumetto non è letteratura. Sono consapevole del fatto che Peanuts, più che una storia, è una filosofia. Sono vere e proprie noccioline di verità che delineano personaggi, ma forse costruirci un'intera trama sopra era effettivamente difficile. Ma preferisco vedere qualcosa di diverso piuttosto che lo sfruttamento del povero Snoopy per immagini filofosiche da condividere su facebook. A me comunque è piaciuto, perché bisogna considerare che un libro e un film fanno parte di due linguaggi diversi e questo riesce ad arrivare benissimo al cuore di tutti quei bambini che magari fra un po' di tempo lo avrebbero conosciuto solo come iconografia per magliette e diari scolastici. Non so se il signor Charles sarebbe stato felice del risultato, ma portare Snoopy al cinema era un passo che prima o poi qualcuno avrebbe fatto e magari fra tanti anni il risultato sarebbe stato imbarazzante, magari si sarebbe persa quella semplicità e quell'innocenza che tanto ho amato nella carta e che fortunatamente ho ritrovato nello schermo. 
Ci sono due storie all'interno del film: una è quella di un povero Charlie Brown fedelmente perseguitato dalla sfortuna che cerca in tutti i modi di conquistare il cuore della ragazza con i capelli rossi, l'altra nasce dalla macchina da scrivere del simpaticissimo Snoopy che vede sé stesso come un pilota che deve salvare la sua amata barbocina, anch'essa pilota, dalle grinfie del temibile Barone Rosso. I richiami ai fumetti ci sono tutti (anche guerra e pace) ma in questo caso Charlie Brown ha un lieto fine, cosa che a me sinceramente non è dispiaciuto; vederlo acquistare finalmente un po' di sicurezza è un buon augurio per tutti noi che viviamo costantemente sotto la stella del #mainagioia.
La cosa che ho apprezzato di più è stata l'amicizia fra cane e umano, chi ha la fortuna di averne uno rivede Snoopy in tantissimi atteggiamenti, o almeno per me è stato così. Tenerissima poi Sally Brown, mi ha davvero fatto sciogliere il cuore, forse perché sono sorella minore anche io.




Vediamo a Il viaggio di Arlo (2015, USA, 100 min., regia di Peter Sohn). Inizialmente, se devo essere sincera, non mi diceva niente. Poi sono arrivati i primi trailer e Arlo mi ha proprio rubato il cuore. Poi è arrivato il film e anche Spot mi ha rubato il cuore.
Adoro i film della Pixar principalmente perché non ci sono canzoni esagerate e nemmeno questo fa eccezione. Mi è piaciuto più di Inside Out, sinceramente. Prima di tutto ho apprezzato questa modifica della storia nel quale i dinosauri non si estinguono e le altre creature nascono lo stesso, riuscendo a convivere quasi armoniosamente. E poi gli umani che si comportano come gatti...o cani, dipende. La cosa che mi è piaciuta di più è che i personaggi sono molto umani, nei loro sentimenti.
Il padre di Arlo muore cercando di spronare il figlio ad essere "qualcosa di più", è talmente irritato dalla sua estrema paurosità e incapacità di fare praticamente qualsiasi cosa che mette in pericolo sé stesso e il proprio figlio, come se fosse incapace di accettare un figlio con un carattere così. E Arlo è egoista, in un primo momento vuole Spot per sé in modo così morboso che lo allontana dai suoi simili e da quella che sarebbe potuta essere la sua unica possibilità di avere una famiglia. E prova tanta rabbia per quello che è, per Spot, per la sua famiglia. C'è il risentimento, la voglia di vendicarsi, di volere qualcosa come "proprio" fregandosene altamente di cosa sia realmente il meglio per quello che vogliamo a tutti i costi.
Ah e poi i T-Rex che scusate ma io li ho trovati la cosa più bella del mondo. Mi hanno fatto sbellicare, giuro.
Per la trama, riassumo velocemente (devo tornare a studiare): Arlo è un dinosauro che vive e lavora nei campi della sua famiglia, dove Spot, un bambino umano, si sfama delle loro provviste. Arlo è timido, incapace di lavorare con la natura, ha paura di tutto e di tutti. Un giorno si convince a catturare il terribile ladro del loro cibo, non riuscendo però ad ucciderlo si ritrova a dover fare i conti con un padre infuriato, che lo porta nel bosco. Qui una valanga travolge il padre (in pratica un nuovo trauma per quelli troppo giovani per aver visto la morte di Mufasa) e muore. Per una serie di fatacci collegati sempre al povero Spot, anche Arlo finisce nel fiume, ma si salva. Nonostante i primi attriti, Arlo e Spot fanno amicizia e vivono delle fantastiche avventura mentre cercano di tornare a casa.




domenica 8 novembre 2015

Hotel Transylvania 2 | L'Ultimo cacciatore di streghe | Crimson Peak

Sono tornata qui, dopo mesi di assenza. Purtroppo gli impegni universitari sono tanti e sono difficili da rispettare, quindi devono essere la mia priorità. Comunque eccomi qui, con tre nuove bellissime recensioni. Partiamo dal principio:





Hotel Transylvania 2 (2015, USA, diretto da Genndy Tartakovsky) è il seguito di Hotel Transylvania, film che a me personalmente è piaciuto da morire, mi ha fatto proprio ridere di cuore.
In questo capitolo troviamo gli stessi protagonisti, un po' meno spazio viene dato agli zombie per darne di più alla gelatina verde di cui ora non ricordo il nome, scelta molto azzeccata secondo me che mi sono follemente innamorata. È molto divertente vedere anche questi personaggi ultracentenari alla prese con la tecnologia o con i problemi dovuti all'età e a una vita ormai "rilassata" lontana da magia, terrore e agguati, ma per me è il primo è stato un'altra cosa.
La storia comincia con il matrimonio di Mavis e Johnny, dove possiamo notare che lei, che è vampira, è visibilmente cresciuta mentre lui, che è umano, è praticamente indentico. Mavis rimane pure incinta e qui chi ha storto il naso per la bimba di Bella e Edward di Twilight avrà sicuramente qualcosa da ridire. Il bimbo è tenerissimo, assomiglia tanto al suo papà, ha una passione per Batman ma non ha alcunché che potrebbe far pensare alla sua parentela con la stirpe di Dracula. Nonno Drac è ossessionato dal pensiero che lui possa essere un umano, tanto da mettere in pericolo la vita del nipotino per stimolarlo a mostrare la sua vera natura. Mavis però non ci sta a queste pressioni e così pensa di trasferirsi con tutta la sua famiglia in California (dove vivono i parenti di Johnny), per poter far stare il bambino con i suoi simili e vivere una vita da "umano normale". Interessante notare qui come i genitori di Johnny trattino la nuora, esaltando le sue differenze e rifacendosi ai cliché sui vampiri risultando però oltremodo ridicoli. Mi ha fatto sorridere perché è una cosa che alcune persone tendono a fare quando si ritrovano a dover interagire con persone che vengono da culture diverse dalle nostre. Il trasferimento prenderà una piega inaspettata quando si presenterà al pranzo d'addio il nonno di Mavis Vlad, un vampiro all'antica che odia gli umani. Il finale ha fatto storcere il naso a moltissime persone perché si parla di differenze per tutto il film ma col "lieto fine" tutte queste premesse non ci sono più, io invece più che altro l'ho trovato banale e scontato. Ho anche trovato una scelta infelice mettere Paolo Villaggio al doppiaggio, non solo perché era una voce poco naturale per il personaggio, ma anche perché ho faticato molto a capire cosa stesse dicendo.
Tirando le somme, suppongo che la morale si possa ritrovare nel fatto che non importa quanto uno possa sforzarsi di farci essere qualcuno, noi dobbiamo arrivarci con i nostri tempi e possiamo farlo solamente se quella è la nostra natura. Mavis e Dracula si litigano quel bambino come possono fare due genitori che si stanno separando (Johnny è alla mercé di entrambi, vuole restare all'Hotel ma all stesso tempo ha paura di far incazzare la moglie) e nessuno, in pratica, si è preoccupato di chiedere a Denis che cosa vuole. Credo sia un pensiero importante in questi tempi di affidi esclusivi usati come vendetta.



Il cacciatore di streghe (The Last Witch Hunter, 2015, USA, diretto da Breck Eisner).
Mi sforzerò di non essere troppo cattiva, perché sinceramente a me il film non è piaciuto anche se non mi ha particolarmente annoiato. Non gli ho trovato punti morti, nel complesso scorre senza forzature, la trama mi è sembrata coerente ma non mi ha particolarmente coinvolto, forse perché forze aliene e paranormali che vivono nel mondo degli umani all'insaputa degli stessi sono qualcosa di già visto. In ogni caso, a me Vin Diesel mi è piaciuto.
Medio Evo, Kaulder si ritrova faccia a faccia con la Regina delle Streghe, che ha diffuso la peste uccidendo, fra gli altri, sua moglie e sua figlia. Quando la Regina ha ormai perso la lotta, trasferisce la sua immortalità a Kaulder, costingendolo a vivere così una vita eterna colma del dolore per le perdite subite. Giorni nostri, l'atteggiamento verso le streghe è notevolmente cambiato: apprendiamo infatti che si è formato l'Ordine dell'Ascia e della Croce che si occupa di loro come farebbe un vero e proprio Tribunale, richiudendo i più feroci e pericoli in una sorta di prigione controllata da una sentinella. Kaulder è il più esperto tra i cacciatori e viene seguito dal 36° Dolan, che è semplicemente un supervisore che si occupa di trascrivere le sue mosse. 36° muore proprio il giorno in cui doveva andare in pensione, così il suo successore 37° si ritrova ad indagare insieme a Kaulder sulla sua morte che prevede nient'altro che il ritorno della Regina, venuta a riprendersi la sua immortalità e diffondere una nuova epidemia. Kaulder troverà il prezioso aiuto di Chloe, una strega proprietaria di un bar che verrà distrutto durante il loro primo incontro. Essendo una DreamWalker, ovvero possiede la capacità di entrare dentro la mentre altrui e muoversi al suo interno riesumando anche pensieri più o meno piacevoli, sarà un aiuto molto importante per Kaulder, avrà un ruolo di assoluta importanza nell'aiutare Kaulder a ricordare la sua morte e a scoprire che l'Ordine aveva controllato la sua vita e permesso che vivesse nel dolore.
Come ho già detto, il film scorre perfettamente. Non un punto morto, una parola o uno sguardo di troppo, ma manca la conoscenza dei dolori e dei tormenti del personaggio che solitamente permettono allo spettatore di affezionarsi e non sarebbe guastato nemmeno conoscere le faccende interne all'Ordine: Kaulder è stato tradito dall'Ordine ma rimane amico e socio di 36°, perché da lui non ha preso le distanze? Com'è avvenuta la trasformazione da "caccia spietata" a "autogoverno controllato" di streghe e stregoni? Quali avvenimenti hanno portato ad un cambiamento di tale portata? Come si sono mossi gli stregoni e i cacciatori dal Medioevo ad oggi? Cos'è successo durante e dopo la morte dei genitori di 37°? E al fratello di Chloe?
E queste sono solo le mie domande.



Crimson Peak (2015, USA, Guillermo del Toro). Adoro Guillermo del Toro, riesce a tirare fuori delle cose così squisite che io ancora non riesco a capacitarmene.
Prima di iniziare, una postilla: non è un horror. Io soffro di acluofobia, che detto in termini più plebei sarebbe che ho paura del buio. Ho paura in un modo che certe volte penso possa farmi uscire fuori di testa, mentre altre volte penso che è una cosa poco normale, che dovrei farmi vedere da uno bravo e uscire da questo vortice infernale di sudore freddo e coperte che scoprono solo il naso. Quindi, se avete i miei stessi problemi state tranquilli, le musiche fanno un po' rizzare i peli ma è una cosa che si può guardare senza avere gli incubi la notte. Anche perché, scoprirete poi, non è dei morti, non dei fantasmi che dovete avere paura.
Se c'è una cosa che adoro sono quei film dove c'è un mistero da risolvere, passare tutto il tempo a chiedersi cosa c'è dietro e questo film è perfetto sotto questo punto di vista. Le ambientazioni, i costumi, l'uso dei colori tutto curatissimo. AH E POI TOM HIDDLESTON... ma su questo particolare che a me piace da morire, cercherò di trattenermi.
Ma partiamo dal principio. Penso che si possa dividere il film in due: la prima parte è quella precedente al matrimonio, quella dell'incontro fra Sir Thomas Sharpe e Edith Cushing mentre la seconda è il terribile Allerdale Hall. Prima di queste due, c'è un piccolo e importantissimo epilogo.
Ad aprire il film è un'anticipazione di Edith armata e vestita di una camicia da notte leggera e bianca, intorno a lei solo una neve di di candore accecante. È tutto chiaro, tutto bianco, l'unico colore scuro è il rosso del sangue che scende dalla ferita sul suo viso. Edith parla fuori campo, ci porta alla sua infanzia, quando sua mamma morta di colera è tornata da lei dieci giorni dopo con un importante avvertimento "Guardati da Crimson Peak". I fantasmi di del Toro sono leggermente diversi dall'immaginario comune: sono scuri come i ricordi che li tengono in questo mondo, i loro corpi riportano fedelmente i loro problemi di salute e/o la loro causa di morte, riescono a toccare ma non posso essere toccati, camminano e sentono la solidità delle cose ma sembrano fragili come fumo che vorrebbe andare via ma è incollato qui, per una missione o per un sentimento.
Qui comincia la "prima parte", quattordici anni dopo e sempre America. Ho diviso il film in questo modo perché i colori sono decisamente diversi. Se a Allerdale Hall è tutto sui toni del blu e del nero, a Buffalo è tutto molto luminoso, molto giallo. E soprattutto, la prima parte conclude le scene con una tendina circolare (dai miei appunti: "la scena si chiude in modo circolare con un cerchio nero"), cosa che secondo me dà un gusto un po' "antico" a questa parte.
Sir Thomas Sharpe è un baronetto che cerca in praticamente in tutto il mondo degli investitori per la costruzione di una macchina per l'estrazione dell'argilla, presente in gran quantità nella sua residenza in Inghilterra. Tra i ricchi possibili investitori c'è Carter Cushing, che boccia subito la sua idea trattandolo pure in malo modo. Sir Sharpe, tuttavia, ha messo gli occhi sulla bella figliola di Cushing, Edith, giovane scrittrice in erba. I due cominciano a frequentarsi e ben presto il cuore della giovane Edith è completamente rapito dal bel baronetto (e come biasimarla?!), mentre il padre rimane fortemente contrario alla relazione, preferendo Alan McMichael, caro amico di infanzia della ragazza appena tornato in città dopo aver studiato medicina fuori. Durante le loro freuqnetazioni, il fantasma della madre torna da lei una seconda volta, a ricordarle il monito "Guardati da Crimson Peak". Cushing è così disperato da ingaggiare un investigatore che gli mostra dei documenti che lo porteranno a chiedere a Thomas e sua sorella Lucille di sparire in cambio di una cospicua somma di denaro che loro accettano. Sir Thomas però pare così invaghito da mandare una lettera alla sua amata Edith per spiegargli l'accaduto, lei corre alla stazione da lui (una versione vittoriana della classica corsa in aeroporto, I suppose) e finalmente c'è il fatidico bacio interrotto da una terribile notizia: Carter Cushing è morto, si ritiene un malore anche se noi sappiamo per certo che qualcuno gli ha fracassato il cranio su un lavandino.
Rimasta sola, Edith sposa il suo baronetto e va a vivere a Allerdale Hall, che appare subito come un'inquietante villetta fatiscente, che avrebbe bisogno del repentino intervento di Nicole Curtis. Nella casa i due non riusciranno mai ad avere un momento di intimità, ma un giorno i due si ritrovano a passare una notte fuori casa, consumando il matrimonio, scatenando la gelosia di Lucille e destando molto dubbi in Edith. Inoltre sin dalla prima notte, la ragazza vede in giro per la villa misteriosi fantasmi, che piangono, urlano e strisciano come se avessero perso l'uso delle gambe; durante i risvegli notturni Sir Shepard non è mai accanto ad una povera Edith che, come nel peggiore degli incubi, (sogno o son desto?) si ritrova a dover combattere contro queste oscure figure che la perseguitano, cercando proprio lei. Pian piano, avvistamento dopo avvestimento, Edith scoprirà che i due fratelli hanno una relazione incestuosa, che sfruttano il patrimonio di giovani donne per finanziare la propria invenzione, che una cosa così inglese come il tè può rivelarsi estremamente pericolosa e soprattutto che Lucille avrebbe avuto bisogno di uno davvero bravo. Il povero dottor Alan, nel frattempo, ha investigato e corre a Allerdale Hill per salvarla. Ora, vi state sicuramente chiedendo, ma cos'è questo "Crimson Peak" da cui Edith doveva stare lontano? Crimson Peak è l'altro nome della villa. Letteralmente "picchi cremisi", sta ad indicare il colore che la neve prende una volta entrata in contatto col suolo argilloso dell'Allerdale Hall. Cremisi che ritorna nei fantasmi che infestano la villa, probabilmente perché i loro corpi sono rinchiusi in delle botole sotterranee colme di un liquido di questo colore. Cremisi come il sangue, come la passione.
Crimson Peak è un favoloso capolavoro vittoriano dai toni gotici, che a me a ricordato un po', perdonate la ridondanza, Gothika. Più che macabro è triste, lascia dell'amaro in bocca perché Thomas è schiavo di Lucille, ma Lucille è schiava di un amore accecante (è pure schiava dell'instabilità mentale) che la porterà ad essere l'unica anima a restare a Crimson Peak a fare i conti con i propri sentimenti malati. E mentre lei è nera, Thomas è bianco e svanisce: lei è ancorata a questo mondo e a quella casa per colpa dell'amore, mentre grazie all'amore ha trovato una via di scampo da una vita di sbagli e rimorsi.

domenica 6 settembre 2015

Minions | Sharknado 3 | Recensione

Eccomi qui, sono sopravvissuta all'estate, anche se i segni delle punture di zanzare ormai sono indelebili su gambe e braccia. Sono sopravvissuta allo studio matto e disperatissimo delle settimane precedenti all'odiosa sessione di Settembre e persino al primo esame. Devo dire che tutto sommato mi è andata bene, perché una parte del mio ripasso consisteva nel ri-"britishizzare" il mio cervellino stanco. Quindi ho fatto una full immersion di Doctor Who, Sherlock e ho iniziato Once Upon a Time.
Non ho avuto tantissimo tempo per i film, se consideriamo che sono uscita spesso, ho studiato molto e il fine settimana ne ho approfittato per godermi un po' di mare rimanendo comunque di un colorito malaticcio e palliduccio.


Comunque, parliamo dei minions, quelli che o li ami o li odi. Non c'è uno schieramento di mezzo: o stai con me o contro di me. O dichiari guerra a quelle tic-tac gialle poliglotte, oppure ami alla follia la loro frizzante spensieratezza. A me fanno ridere da morire, ho anche il pupazzo. Me l'ha regalato mio fratello ed io ero più o meno così. A tal proposito al cinema c'è il menù con il bicchiere della bibita in plastica e un carinissimo personaggio quasi bubble head da poggiare sopra.
Comunque, parliamo del film. Minions è uscito il 27 Agosto e si è subito piazzato al primo posto per i numeri da record su incassi e prenotazioni. C'era da aspettarselo? Secondo me, assolutamente sì. I primi due Cattivissimo me sono meravigliosi, ai bambini i minions piacciono da morire e c'è stato effettivamente uno spam massiccio fra video più o meno promozionali, immagini e anche un'agghiacciante e intrigante teoria sulla loro origine.
Comunque, il prologo del film racconta della loro nascita, le immagini sono le stesse che si vedono all'inizio del trailer, e in Italia c'è una piacevolissima sorpresa sulla voce narrante: Alberto Angela. E giuro che sembra una puntata di Ulisse! Dopo l'arrivo a New York i prodi minions Steve, Bob e Kevin scoprono dell'esistenza di un EXPO dedicato ai cattivi. Fanno l'autostop e ci arrivano grazie ad una simpaticissima famiglia di rapinatori. Qui Steve si ritrova davanti ad un bizzarro professore, che è una sottile citazione a Ritorno al futuro. Inoltre, allo stand del raggio congelante c'è il Dottor Nefario e un piccolo ma già cattivissimo Gru (che sia quello il loro primo incontro?). QUI ci sono alcune citazioni bellissime, che se le leggete prima potrete notare i vari tributi di cui sono colmi questi film, spesso ignorati come con Spongebob 2 - Fuori dall'acqua. A questo expo la protagonista è Scarlett Sterminator, che cerca aiutanti e i minions vedono in lei la risoluzione ai propri problemi, quindi si alleano e partono per Londra, per realizzare il piano cattivissimo della supercattiva: rubare la corona alla regina d'Inghilterra e prendere il suo posto. Peccato che a diventare re sia Bob, seppur per un brevissimo lasso di tempo, durante il quale viene scambiato per la reincarnazione di Artù (il suo discorso è una citazione di Il grande dittatore). Questo spezzerà non sono il cuore di Scarlett, ma anche quel poco di sanità mentale che le restava, infatti l'odio e il desiderio sterminio dei minions diventa incontrollabile. Si sviluppano quindi, in una Londra ricostruita in modo encomiabile, alcune gag che hanno per protagonisti gli inglesi, come ad esempio il fatto che tutti hanno perennemente una tazzina in una mano e una teiera nell'altra, cosa che a me che sono dipendente di teina ha fatto molto ridere.
Da qui in poi però un po' mi ha annoiato. Avrei preferito che si parlasse di più di come i minions sono riusciti a modificare la storia con la loro beata ingenuità, piuttosto che vederli passare in secondo piano ad un certo punto della storia, per dar più spazio a Scarlett, personaggio che ho trovato frustrato e noioso, con le sue lagne e il suo bullismo da quattro spicci. C'è da dire in conclusione che la colonna sonora è meravigliosa e che mi sono totalmente innamorata di Bob, che fa pure amicizia con un ratto scovato nelle fogne ed è tenerissimo. Come tante persone hanno già detto, non mi è piaciuta la Litizzetto al doppiaggio di Scralett, sembrava un poco adatto a lei per come la conosciamo. Tuttavia, Cattivissimo me 2 mi ha commosso profondamente e per me nulla può batterlo. Nemmeno Bob che parla spagnolo o Kevin che flirta con un idrante.


Ma veniamo al top dei top: Sharknado 3. Non credo sia disponibile in italiano perché è stato trasmesso per la prima volta il 22 Luglio, però lo si trova in giro con i sottotitoli in italiano e in lingua originale, ovvero un inglese molto americano, molto veloce, molto da macho. Rispetto al primo capitolo, la qualità delle immagini va migliorando di volta in volta, ma senza perdere quel caratteristico piglio trash che tanto ci piace e che l'ha reso famoso.
Ricapitolando un po' la storia, in Sharknado 2, oltre alle solite mutilazioni impossibili e spargimenti di sangue da far invidia a Tarantino, abbiamo la povera April che perde una mano salvo poi sostituirla all'occasione con una lama di motosega e un sempre più duro Fin che CAVALCA UNO SQUALO DENTRO UN TORNANDO USANDO UNA CATENELLA TROVATA ALL'INTERNO DEL TORNADO STESSO. E penso di aver detto già abbastanza.
Nel terzo Fin si trova alla Casa bianca per ricevere un premio, che consiste in una motosega dorata e realmente funzionante, in onore del suo estremo eroismo; sua moglie April, incinta, si trova con sua figlia e sua madre allo Universal Orlando Resort. E come la Signora Fletcher e il detective Conan stanno agli omicidi, gli Shepard stanno agli sharkando. Proprio in quel momento, si scatena l'inferno. Addirittura al resort uno squalo a testa in giù e fuori dall'acqua da chissà quanto tempo si sveglia e uccide due poracci sotto di lui, a Washington invece il presidente degli Stati Uniti sopravvive alla security e si rivela il più badass di tutti.. Mentre Fin cerca di raggiungere la famiglia, incontra Nova, che nel frattempo si è alleata con Lucas nella ricerca di sharknado e l'ha pure friendzonato. Moriranno entrambi.  Durante la tempesta, la figlia perde il suo primo amore, perché dimenticandosi che squali di varia natura e grandezza piovono dal cielo, i due decidono di scambiarsi il primo bacio all'aperto, piuttosto che aprire la porta che hanno accanto e mettersi al riparo. Questa catastrofe infatti è così grande che le bombe non bastano, questi sembrano vivere oltre i tornado quindi devono andare nello spazio per cercare di fermarli, si recano alla NASA dove lavora il papà di Fin, che è un colonnello. Nello spazio ci regalano una scena degna di Gravity, poi April partorisce all'interno di uno squalo in fiamme che si sta per sfracellare al suolo e con il solito charme taglia la pancia dello squalo con la sua motosega-moncherino salvando sé stessa e il bambino.
Sappiamo che ci sarà un quarto capitolo, ce lo rivela una voce alla fine,  Ed io, personalmente, non vedo l'ora di vederlo. Fin è il mio nuovo eroe, anche se gli squali si stanno piano piano evolvendo e tutti i suoi possibili alleati stanno morendo, sacrificandosi per lui o per la causa (senza mai ricevere un grazie dall'umanità, sigh).

domenica 2 agosto 2015

Pixels | Recensione

Esiste una categoria di essere umano che mi sta particolarmente a cuore: il nostalgico.
Il nostalgico è quel tipo di essere umano che considera sacrosanta ogni cosa appartenente alla sua infanzia. Si ritrova in quelle persone tra i 24 e i 39 anni che si accorge che sta crescendo e non gli garba tanto l'idea, quando le responsabilità aumentano e la pressione sociale richiede un matrimonio e un figlio SUBITO. Sono persone come me eh, non voglio tirarmi fuori dalla categoria anche se sono ancora fuori target. Mentre le mie compagne iniziano a convivere, a sposarsi, a fare figli così come i miei ex, io mi alzo ogni giorno pensando a quanto sarebbe bello andare a Disneyland e farmi fare gli autografi da tutti i personaggi.
Poi non voglio solo sputar veleno sulla categoria degli eterni Peter Pan, lungi da me fare una cosa del genere. Vediamo l'altro lato della medaglia: il loro desiderio di staticità, di avere l'apparenza di fermare il tempo ha permesso al Winner Taco di tornare nei congelatori grazie a tanta forza di volontà e, appunto, nostalgia. Poi a me non è piaciuto, ma questi sono dettagli.
Io sono più una tipa da Cooky Snack, che per inciso è tornato anch'esso a vivere sotto falso nome senza nemmeno tanto sbattimento, grazie al fatto che la Algida ha riconosciuto che ancora tante generazioni devono poter provare l'orgasmatico piacere del gelato più buono del mondo. È vero, c'è un motivo per cui io amo i gelati che non si sciolgono e impiastricciano tutto: sono così lenta che nella mia vita precedente ero un bradipo o lo sarò nella prossima. Sono lenta in tutto poi: studiare, mangiare, camminare, fare cose. Questo ha fatto sì che io assaggiassi tutti gelati di nicchia da piccolina che tendevano a scongelarsi molto lentamente, come ad esempio il gelato della smarties costretto in una custodia di rigida plastica, o le palline frizzanti della Algida contenute in una cosa che sembra molto un cassonetto dei parchi, oppure ancora dei cioccolatini Magnum confezionati una bellissima scatolina. La maggior parte ci questi non c'è più (però della Smarties si trova ancora il cono e io ve lo consiglio vivamente), molti cessavano di esistere già quando li prendevo io, figuriamoci se io non so adattarmi al cambiamento.
Pixel (2015, USA, Chris Columbus) in tutto questo parte già svantaggiato perché Adam Sandler è il personaggio che divide la acque come Mosè, Linda Cook su Rottentomatoes dice che "Ci sono due tipi di appassionati di cinema: quelli che amano l'umorismo di Adam Sandler e quelli che non lo amano". A me piace, o meglio, non mi dispiace. Poi magari ho un umorismo di merda io, non lo so. Quindi ci sono andata un po' sul sicuro, non essendo poi degli anni '80 per me è stato anche meglio, visto che molte delle critiche arrivano da loro. I retrogaming sono un argomento delicato per chi ci è nato, c'è chi è rimasto fissato e ancora adesso maledice la prima giocata a Space Invaders perché se è solo come un cane è colpa delle sue fisse e chi invece li ha fatti diventare praticamente un'altra religione. E chiunque appartenente a queste categorie non so se sorriderà riflettendo su quanto è strana a volte la vita, vedendo la vita che hanno finito per fare i protagonisti del film o pensando all'onore che potrebbe non essere stato reso abbastanza ai loro beniamini pixelati (se volete onore e lacrime, guardate Ralph Spaccatutto). Ma a me piacciono le persone che non si prendono troppo sul serio, quindi di loro chissenefrega.
Parlando un po' della trama: tre ragazzi più una spalla buona solo a giocare con l'artiglio, giovani e spensierati partecipano ad un torneo di giochi ancora nel cabinato arade. Allo scontro, il più promettente Sam Brenner viene sconfitto a Donkey Kong da Eddie Plant, interpretato da  Peter Dinklage.
Passiamo al presente e li ritroviamo nell'età adulta: il "mago dell'artiglio", William Cooper, è diventato Presidente degli Stati Uniti, Sam Brenner dopo una laurea è diventato un comunissimo tecnico informatico (moooooolto simile a Chuck dell'omonima serie tv), Pete è in carcere con condanne con una fedina penale di tutto rispetto e infine il timido Ludlow Lamonsoff è diventato un paranoico complottista. Un giorno la terra viene attaccata da del misteriosi quadrati che distruggono tutto quello che trovano come proprio dei pixel. Da alcuni ricerche vien fuori che subito dopo il torneo a cui hanno partecipato da piccoli, la vhs su cui è registrato l'evento, è stata mandata nello spazio e gli alieni che l'hanno recuperata hanno pensato ad una sfida mandando alla terra tre possibilità, equivalenti alle 3 vite disponibili con un quarto di dollaro. I nemici saranno gli stessi che loro avevano negli schermi ma molto più grandi e soprattutto pericolosi. Canzonati da tutti perché sfigati, alla fine vinceranno loro e salveranno il mondo... con qualche sorpresina alla fine.
Naturalmente sono 100 senza troppe pretese, non diventerà un cult né sarà ricordato. Però per passare una serata leggera e divertente va bene, sempre se consideriamo che è un film di Adam Sandler e se non vi piace lasciate stare. Bellissima la comparsata di Tohru Iwatani, creatore di Pac Man che tratta la sua piccola pallina gialla come un figlio e perde una mano per amore della sua creatura.
Io non so quali sono i vostri ricordi legati ai videogiochi, se ne avete, né qual'è adesso il vostro rapporto adesso. Il mio è abbastanza buono, nel senso che mi creano una dipendenza tale che ci gioco pochissimo perché so che poi non faccio nient'altro e le mie priorità al momento sono altre che rimanere dal Sabato mattina alle del mattino dopo in after giocando al pc come mi è successo una volta. Non gioco alle ultime uscite, sono quasi tutti indie games abbastanza corti e semplici. Però ho ricordi bellissimi legati ai videogiochi, come tutti i pomeriggi passati a giocare in due alla playstation con mio fratello (vinceva sempre lui), oppure il ricordo di quando ho visto giocare un videogioco al pc per la prima volta, era pac man ed io rimasi totalmente affascinata. Ma ricordo soprattutto la prima volta che vidi mio fratello giocare a Super Mario con una console non nostra, non ci aveva mai giocato ed era bravissimo. Lo invidiavo ed ancora penso che, come mi ha detto un mio amico, i videogiochi permettono di sentirsi bravi in qualcosa in un mondo in cui non ci sono prospettive.
Quindi, viva i nerd e i gamer se questo li fa stare bene e aumenta l'autostima!

domenica 26 luglio 2015

Inside Out | Quando c'era Marnie | Recensione

Lo so che non si fa, che non si danno recensioni di film usciti in altre parti del mondo.
Ma io soffro di pressione bassa, la mia estate vuol dire fare lo zombie da una stanza all'altra perché in Sardegna ci sono sempre e comunque sui 30/36° ed io ne soffro tanto, non vivendo vicino al mare e non potendo passare le mie giornate ad impanarmi sulla sabbia e sbollire nell'acqua. In più i miei non c'erano e la mia voglia di studiare era come la mia pressione: sotto le scarpe. Quindi entro in uno dei tanti siti di streaming e non c'è niente di nuovo, niente di interessante per me in un periodo in cui stanno uscendo un sacco di film horror ma io soffro di una forma abbastanza forte di paura del buio e quindi mi devo orientare altrove.
Alla fine non ho resistito e mi sono guardata due cartoni, due generi completamente diversi. In lingua originale, cosa che mi fa bene perché studio lingue e mi fa male perché odio i sottotitoli e soprattutto amo il doppiaggio italiano


Inside Out (2015, USA, P. Docter & R. del Carmen) è l'ultima fatica della Disney Pixar, che uscirà in Italia il 16 Settembre, quindi c'è da aspettare. Secondo chi l'ha già visto il trailer sembra molto più divertente del film, io sinceramente non lo so. È da che mondo è mondo che i trailer usano come esca le parti migliori e quindi è normale, piuttosto se mi avessero chiesto di cosa parla concretamente il film basandomi su quella manciata di immagini avrei potuto dire che si parlava delle emozioni di una bambina che fanno un gran bel pasticcio ma nient'altro, non avrei saputo dire nello concreto che direzione prende il film.
Ho letto anche commenti che dicevano che c'era del potenziale che non è stato sfruttato ed io non so dare un'opinione nemmeno su questo: è un film sulle emozioni... come dovrebbe svilupparsi un film su qualcosa di così astratto e filosofeggiante che nel 2015 abbiamo difficoltà a capire? Ero molto perplessa all'inizio sinceramente, mi veniva difficile pensare ad un film che trattava qualcosa di così... così... difficile come le emozioni.
Invece mi è piaciuto, è divertente e commovente come solo un film uscito dalla Pixar sa essere (il mio film d'animazione preferito, UP, è dagli stessi creatori).
Il film racconta nello specifico i difficili rapporti tra le emozioni di Riley, una ragazzina vicina alla pubertà che si ritrova a dover affrontare un trasloco. A farla da padrona, in "casa Riley" è Gioia, quindi è una bambina con dei ricordi base molto felici, una bambina che ha trovato un equilibrio perfetto che le altre emozioni: Paura, Rabbia, Disgusto e Tristezza.
Tristezza è un personaggio un po' fastidioso all'inzio, fa un sacco di pasticci e crea quel bel casino che fa volare via lei e Gioia dal quartier generale e quindi fa sviluppare l'intera storia. È triste in un modo che irrita, vien voglia di scrollarla per farle riprendere un po' di voglia. Mi sono presa un nervoso terribile nei primi minuti del film, senza capire il perché dei suoi comportamenti che andavano a danneggiare Riley, ho ipotizzato una gelosia nei confronti di Gioia che era la protagonista assoluta, sempre al comando, però forse si sente semplicemente esclusa, forse è semplicemente alla ricerca di attenzioni e di quello che è il suo posto e anche la sua funzione, visto che tutti ne hanno una: rabbia le permette di difendersi, paura di mettersi in situazioni pericolose, disgusto di avvelenarsi e di integrarsi con gli altri attraverso la moda.
Quando poi però finiscono fuori dal Quartier Generale la situazione cambia, perché tristezza dimostra di essere in grado di provare quel nobile e raro sentimento che è l'empatia, mentre è Gioia a sembrare irritante, gioiosa e positiva quando ci sarebbe solo da dire "Hey, amico, questa è la mia spalla: puoi usarla per piangere anche fino a consumarla". Gioia e tutti noi capiamo una di quelle cose che dicevano i filosofi greci: senza la tristezza non ci può essere la gioia, senza la guerra non ci può essere la pace. Ogni cosa ha bisogno del suo opposto, sempre; ogni momento bello magari è legato ad un precedente triste, perché se qualcosa ci fa tornare il sorriso vuol dire che prima qualcosa che il sorriso ce lo aveva tolto. Io non so come sia stata la vostra adolescenza e la vostra pubertà, la mia all'inizio è stata terribile. Vivo in un piccolo paesino sardo, quando dovevo quando dovevo andare in terza media i miei genitori decisero di iscrivermi in un'altra scuola che si trovava in città e per me, che sono molto timida, fu difficile adattarmi e fare amicizia. Mi successe esattamente come a Riley, iniziai a fare la ribelle e ad avere rapporti antipatici con tutti perché io in quella scuola non mi trovavo bene né con i compagni né con i professori e non volevo starci, forse per questo mi ha fatto tanta tenerezza vedere quella bambina in confusione, con le sue isole che smettevano di funzionare e crollavano. Mi rendo conto che per una persona che ha avuto sempre un equilibrio perfetto questo film può sembrare un po' lagnoso, ma in realtà è carino ripensare a sé stessi in certe situazioni difficili e immaginarsi le proprie emozioni in situazioni del genere, come si faceva quando al primo pomeriggio si guardava esplorando il corpo umano e c'erano delle vere e proprie guerre dentro al nostro corpo.
Però vorrei porre all'attenzione un personaggio in particolare. Ho visto il film attirata principalmente da un personaggio che invece è una comparsinainaina, ovvero l'unicorno arcobaleno. Peccato, adoro gli unicorni! Ma quando vedevo i gadget del film spuntava sempre fuori una specie di mostro che io pensavo "ohmiodio che bruttezza è?". La bruttezza di chiama Bing bong, è l'amico immaginario della bambina e io lo adoro. È il personaggio commozione, ecco. In pratica ha la testa da elefante, io dico rosa elefante di Dumbo, la cosa da gatto ma sarebbe meglio dire stregatto, la proboscide è un cuoricino, piange caramelle, fa il verso del delfino ed il corpo è fatto di zucchero filato. Ora: io non so se avete presente una persona che non vuole crescere, ma sono io. Adoro i colori pastello, colleziono peluche, tutto ciò che è possibile avere in rosa o a forma di dolce lo voglio.La mia fortuna è che mi scambiano ancora per una sedicenne, quindi posso permettermelo ancora per qualche anno! L'ho così tanto adorato che sono andata subito a cercare piccoli gadget su amazon! È un personaggio unico, il cui unico scopo è essere ricordato dalla sua bambina che, ormai grande, l'ha cresciuto. Ho un fratello, quindi non ho mai avuto bisogno di un amico immaginario, ma sono sicuro che questo scatenerà in chi lo ha avuto dei feels fortissimi!
Non vorrei continuare a spoilerare, mi sto entusiasmando troppo e rischio di degenerare perché questo film mi è piaciuto davvero, davvero, davvero, davvero tanto! E ricordatevi di guardare i titoli di coda, mi hanno fatto morire dalle risate!
Quindi rispondo alla domanda che mi sono posta a me stessa dopo aver finito di vedere il film: che emozione sei? A primo impatto mi verrebbe da dire che sono Gioia, poi mi accorgo che sono Paura. Non parlo solo della mia acluofobia, ma anche per il fatto che è tutta la vita che evito situazioni pericolose (sarà forse perché da piccola ero molto goffa?) che anche se FORSE mi hanno evitato qualche divertimento, mi hanno permesso di non rompermi mai un osso o un dente. E voi, che emozione siete?

Passiamo a qualcosa di più triste: Quando c'era Marnie (2014, Giappone, H. Yonebayashi).
Ad essere triste non è tanto il film in sé, basato dall'omonimo romanzo J. G. Robinson, quando piuttosto il fardello che è costretto a portare. Questo film, infatti, è l'ultimo film prima dell'annunciata chiusura temporanea dello Studio Ghibli. Si presume che la chiusura sia dovuta al flop di La storia della principessa splendente (io ne parlo qui), ma già dal ritiro di Miyazaki si parlava di crisi dello studio. C'è da sperare che questa chiusura sia davvero temporanea, sono in tanti ad amare questi lavori. La cosa che mi dispiace di più è che Quando c'era Marnie è in perfetto Studio Ghibli, uno di quei lavori che hanno proprio il marchio Ghibli stampato in fronte; sarà in Italia il 24, 25, 26 Agosto. È tornato ad essere quello studio che parla ai bambini, cosa che io ad esempio non ho visto in Si alza in vento, che pur possedendo delle meravigliose scene oniriche e quel favoloso stile steampunk caratteristico affronta un tema troppo pesante, anzi due se oltre alla guerra (e soprattutto al dilemma: la guerra è necessaria per il progresso? devo appoggiarla per i miei sogni anche se non sono d'accordo?) e consideriamo sacrificio d'amore di una Nahoko morente che abbandona le cure per poter sposare il suo amato e di Jiro, che forse rassegnato (o troppo preso dal suo lavoro?) acconsente e non la rimanda indietro per curarsi, cosa che secondo alcuni è discutibile.
Quando c'era Marnie invece ha per protagonisti bambine, con tutte le insicurezza della loro età. Mi è particolarmente cara Anna perché è amsatica come me. È inoltre un personaggio introverso e molto solitario, ancora una volta come me e sono quasi sicura che anche i miei compagni facevano dei risolini nel descrivermi. Quindi, Anna è insicura, le viene un attacco d'asma e viene mandata da alcuni parenti in una zona balneare, lontana dal caos e dallo smog di Sapporo. Vi risparmio fa subito un'inutile confusione: non è davvero la zia (non so come verrà tradotto qui, con i sottotitoli si riferiva all'adottante come "zietta"), è la mamma adottiva, perché Anna è orfana e la sua rabbia è dovuta al fatto di aver scoperto che i genitori prendono dei sussidi per il suo mantenimento e si sente "comprata".
In questo piccolo paese/villaggio Anna non riesce a fare amicizia con nessuno, chiama una ragazza "grassa scrofa" per il semplice fatto di essersi infastidita per le eccessive attenzioni date ai suoi occhi azzurri, cosa rara per un giapponese, tanto che a quel punto io e mio fratello abbiamo detto quasi all'unisono che forse il suo essere emarginata non è dovuto alla sua timidezza quanto piuttosto alla sua stronzaggine o, se vogliamo essere più leggeri, alla sua incapacità di relazionarsi con gli altri. L'unica persona con cui riesce a fare amicizia è quella che lei crede essere l'immagine della sua mente, una bambina ricca ma terribilmente sola di nome Marnie, che vive in una villa raggiungibile a piedi con l'alta marea e in barca con quella alta. Marnie le crea non pochi problemi, diverse volte gli zii che la ospitano sono costretti ad andare a riprendersela. Il mistero si infittisce quando Sayaka, una bimba che sta vivendo nella villa quasi restaurata, scopre che Marnie era una persona reale, che visse in quella stanza tanti anni fa. Lei a questo punto scopre di vedere un fantasma ma non se ne cura più di tanto, a dire il vero. Continua a vederla e a cacciarsi nei guai, finché non scoprirà che lei riesce a vederla perché fra le due c'è un legame molto profondo.
Tutto questo è raccontato in soli 103 minuti, che secondo me potevano bastare anche per La principessa splendente. I disegni sono tipici dello studio Ghibli, i paesaggi sono da sogno e, anche se Anna all'inizio è una di quelle ragazzine che prenderebbe sberle anche dal Dalai Lama e anche se per una buona mezz'ora -diciamo dall'offesa fino alla scoperta del diari- c'è un'alternanza sogno-realtà un po' ripetitiva che sinceramente viene da chiedersi dove voglia andare a parare la pellicola, sul finale si riprende e, sinceramente, è tutto fuorché quello che non ti aspetti. Il tema è quello forse più caso allo Studio, la famiglia. Ci sono i fragilissimi legami, che si danno per scontati o che ci fanno sentire oppressi e costretti sono qui raccontati e quelle tutte dinamiche, quelle abitudini capaci di segnare la vita di un individuo per sempre, di plasmarlo a seconda di come gli altri sono stati con noi. Quando c'era Marnie è il racconto di una famiglia che di drammi ne ha vissuti tutti e ora ha bisogno di redimersi, di trovare un equilibrio per rendere la discendenza il più felice possibile, senza lasciare quell'alone di tristezza che è stato protagonista di una finta felicità per troppo tempo.
Piccola curiosità: Marnie assomiglia in modo esagerato a Menma, la protagonista, anch'essa fantasma dell'anime Ano Hana, all'inzio del film hanno addirittura la stessa camicia da notte. Non so se è un caso o una tradizionale rappresentazione degli spiriti giapponesi però l'ho trovata una cosa davvero curiosa, magari qualcuno mi saprà dire di più!

lunedì 20 luglio 2015

Terminator: Genisys | Spy | Recensione

Sono stata bocciata all'unico esame che potevo dare a Luglio, quindi ho un sacco di tempo libero. In poche parole, questo significa che la mia strada prenderà due direzioni: tanto mare, perché vivo in Sardegna e se non me lo godo non è estate, e tanti pomeriggi a guardare film e altre cose. Le due cose probabilmente di alterneranno, perché possedendo animali, è necessario che in famiglia si faccia a turno per fare da bambinaia.
Ieri è toccato a me e mio fratello, ci siamo visti due film.

Terminator: Genisys (2015, USA, Alan Taylor) è, come avete intuito, un nuovo capitolo della saga Terminator. È difficile riuscire a classificarlo, è allo stesso tempo un prequel, un reboot e un sequel e lo è perché ci sono tante di quelle linee temporali che secondo me uno potrebbe perdersi. Credo, fra l'altro, che sia necessario aver visto i capitoli precedenti per capire qualcosa, io ero molto piccola quando li ho visti la prima volta e mio fratello mi ha dovuto aiutare a rimettere in ordine i miei ricordi.
Inizialmente il film si inserisce in una linea temporale dove troviamo Connor già grande che salva un ignaro Kyle ancora bambino da morte certa. Subito dopo li troviamo grandi, al giorno in cui Skynet verrà sconfitto e manderà un Terminator nel 1984 per uccidere Sarah; il bellissimo Kyle lo segue e vediamo l'Undicesimo dott... scusate, Skynet, uccidere il povero Connor. Fin qui ci siamo, la storia può ripetersi all'infinito in infinite linee temporali e tutti i pezzi tornerebbero.
Solo che poi iniziano a succedere cose strane, tipo il primo Terminator che si scontra con un altro Terminator uguale ma più vecchio e c'è una lotta Arnlod VS Arnold dove il più vecchio ha la meglio. Connor invece è nudo e confuso perché durante il viaggio ha visto cose che appartengono ad un suo passato mai esistito e si ritrova a fuggire da un poliziotto asiatico che in realtà è un cazzuttissimo robot mutaforma, salvandosi grazie a Sarah e Papà (il Terminator vecchio). Kyle è convinto che le sue visioni durante il viaggio nel tempo significhino che il giorno del giudizio sia spostato al 2017, vi si recano ma, atterrando nudi su un'autostrada vengono scambiati per terroristi a arrestati. Qui scoprono che Skynet è in certo senso Genisys, un programma informatico che connette tra loro tutti i dispositivi elettronici e che manca pochissimo al suo lancio, ovvero il nuovo giorno del giudizio. Incontrano Connor e a nessuno viene da chiedersi del come mai in 20 anni non sia invecchiato. In realtà Connor è stato trasformato in una macchina umana, nel senso che è stato cambiato a livello genetico ed è quasi invincibile come una macchina ma pensante, subdolo e calcolatore come solo un umano sa essere. Da qui in poi il film è diciamo stabile sulla stessa linea temporale, procede con inseguimenti e risse. Se lo guardate rimanete fino a metà dei titoli di coda perché c'è una sorpresina che io mi aspettavo, Skynet è interpretato da Matt Smith. Il Dottore non muore mai, per quanto tragica possa essere la situazione.
La cosa che mi è piaciuta di più è sicuramente il fatto che siano riusciti ad aggirare la vecchiaia di Arnold dicendo che Terminator è ricoperto di una carne che in quanto tale invecchia. Ma soprattutto, una cosa che ho sempre apprezzato della saga è come, nonostante le botte ignoranti, si riesca sempre a lasciare qualche dubbio alla fine, come se fosse un enigma complicatissimo. Non lo so, forse è il nostro attaccamento alla speranza, poter dire  "ma quindi in tutte le linee temporali future ci sarà un Genisys da sconfiggere?" senza tralasciare poi un meraviglioso spunto su come sia forte la nostra dipendenza tecnologica oggi, forse tanto da dimenticarci che non è tutto. L'unica cosa che mi fa storcere il naso è che, proseguendo il film in questa direzione, tutti i capitoli del 1997 non hanno più senso d'esistere, è come se fossero stati cancellati da questo. L'intento era probabilmente quello di trattare temi più attuali proprio come la dipendenza da tecnologia e spostare anche il tutto un po' più in là nel futuro facendoci pensare che magari fra due anni la situazione sarà proprio così grave e, ultima ma non ultima, rifar partire una triologia (già annunciati gli altri capitoli + una serie tv) e fare i big money con i nostalgici nati nei mitici anni 80. Insomma, un film non necessario ma sicuramente non trascurato.

Invece Spy (2015, USA) è un'altra cosa. Ci tengo a precisare una cosa, prima di raccontarlo e dirvi le mie opinioni. Quand'ero piccola, mia mamma guardava un sacco di serie tv. Io ne guardavo qualcuna di rado ma Una Mamma per Amica mi appassionò tantissimo! Possiamo dire che è la prima serie tv che ho guardato per intero (più di una volta) e rimane ancora una delle mie preferite. Mi ci vedevo moltissimo in Rory, per la passione nello studio anche se i miei risultati non sono mai stati perfetti come i suoi e anche perché col passare degli anni ho iniziato a desiderare di fare da grande il suo stesso lavoro dei sogni: la giornalista.
La protagonista del film è Melissa McCarthy, ovvero Suki, personaggio che io ho tanto amato assieme a Lane. Ho sempre apprezzato il suo modo di recitare, per questo mi vien da storcere il naso quanto sento le lamentele per la sua partecipazione al reboot di Ghostbusters. Molti non la conoscono ma la criticano quando invece è bravissima e secondo me andrà benissimo anche come acchiappa fantasmi!
Comunque, il film è una commedia. Una commedia americana, quindi volgarotta nei dialoghi e straripante di luoghi comuni, basti pensare che nel film si parla per l'appunto di spie della CIA che devono impedire ai terroristi la vendita di una bomba ai russi o agli arabi. In pratica mancano solo i pompieri. Ma è proprio la sua demenza che mi è piaciuta, ho riso tanto e di cuore.
Susan è un'analista della CIA, segue Bradley nelle sue missioni, è il suo angelo e i suoi occhi. È insoddisfatta poiché voleva lavorare sul campo, ma soprattutto insicura. È innamorata del suo agente e non la biasimo perché siamo tutti, uomini e donne, innamorati di Jude Law ma lui non pare non accorgersi o meglio, preferisce far finta di niente. Durante una missione, Bradley viene ucciso e Susan si ritrova ad entrare in campo in prima persona, lavorando sotto coperture imbarazzanti, litigando ripetutamente con un pomposo ormai-ex agente Rick Ford, che fa così tanto il duro da inventarsi un mucchio di balle impossibili e continua a metterla nei pasticci ma soprattutto si scambia insulti più che gratuiti con Rayna, la donna che possiede la bomba ed è quindi il bersaglio ma che si ritrova a dover difendere a costo delle sua stessa vita.
La cosa senza dubbio migliore di questo film, la cosa che mi ha fatto più ridere è la scena girata in Italia. È sempre interessante vedere come ci vedono gli altri, nel caso i mille locali sparsi in giro per il mondo chiamati "bunga bunga" non ci siano bastati. Appena arrivata a Roma, Susan si ritrova davanti due ragazzetti che fanno apprezzamebti e ammiccano le belle ragazze e, più avanti, le chiederanno quanti chili di seno ha. Gentiluomini, quindi. La spia italiana è una che allunga troppo le mani e a prescindere dalle occasioni continua insistentemente a fare battuta a sfondo sessuale per cercare di portarsi la spia a letto. Insomma, diciamo che mi ha fatto ridere però mi ha dato anche da pensare. Il film nel complesso scorre, tra una gag e l'altra, non mi ha mai fatto guardare quanto mancava alla fine e certe demenzialità, come quelle dove c'è 50 cent, non le vedevo in un commedia da moltissimo tempo. È comico in modo intelligente, senza cadere nel nonsense e senza essere eccessivamente volgare. Però, ecco, alcuni effetti speciali sono davvero fatti male e secondo me si sarebbe potuto fare di meglio.
Giusto una cosa, devo dirla: è impossibile che una donna (o un uomo) rifiuti una cena con uno bello come Jude Law, anche se è una cena fine a sé stessa. Penso sia abbastanza piacevole anche solo stare lì a fissarlo.

mercoledì 8 luglio 2015

Il libro della vita | Jurassic World | Recensione

Ciaone ragazzi. Sono in piena sessione estiva (e sto scrivendo la tesi) quindi il tempo è quello che è e dovete perdonarmi. Film ne ho visto pochi, oggi mi occuperò di due.

Il libro della vita (2015, USA, Jorge Gutierrez) è un film che nella produzione ha Mr. Guillermo del Toro. Sono stata letteralmente dal trailer, con tutti quei colori e quelle musiche, mi è piaciuto da morire e quindi me lo sono guardato. Mi piacerebbe, un giorno con più tempo, guardarlo in spagnolo. Il motivo è molto semplice.
Ci sono due cose che non ho gradito in questo film: la prima, che riduco per ora all'adattamento italiano, sono le musiche tipiche messicane con testi in italiano che secondo me storpiano non poco il contesto (come per Tchaikovsky nel film Lo schiaccianoci 3D) il secondo, è la storia "di contorno" dei ragazzini in visita per punizione al museo.
Comunque, tralasciano questo piccolo particolare, io adoro le maschere de La Muerte tipiche del Messico e in questo film c'è ne sono in abbondanza.
Sì perché questo film, spagnoleggiante fino al midollo, racconta del triangolo amoroso fra Manolo, la bella Mar
ía e Joaquín, che al momento sono ancora bambini che si contendono l'amore al cimitero, nei giorno in cui si va a trovare i morti per far sì che questi non vengano mai dimenticati. Sul loro amore, la Santa Muerte, che si presenta come una sensualissima donna messicana dal grandissimo sombrero, fa una scommessa con il suo amato Xibabalba (che a me ha ricordato Discord della serie My Little Pony) che è stanco di presiedere quel mondo oltre-la-vita dove ci sono le anime dimenticate e tutto è molto cupo e triste. La Santa Muerte scommette su Manolo, Xibalba invece pensa che a conquistare il cuore della giovane sarà il valoroso Joaquín. Quest'ultimo però dona, di nascosto, un piccolo aiuto al suo baldo giovane: una spilla che lo rende invincibile. E infatti nella vita si rivelerà un vincente, anche quando María sarà mandata in Europa perché troppo indisciplinata, allontanata quindi da San Angel e dai suoi due pretendenti. Manolo invece si rivela insicuro, deve fare i conti con uno dei più grandi luoghi comuni del cinema: lui vuole guadagnarsi da vivere facendo musica, mentre i suoi parenti pretendono che lui faccia il torero nonostante trovi sbagliato uccidere un toro (spunto interessantissimo per un film del genere). Al ritorno di María, ormai grande, si scateneranno una serie di tentativi di conquista da parte di entrambi i ragazzi, è palese che Manolo sia il preferito ma il padre della giovane vorrebbe che lei si sposasse con Joaquín, perché è un giovane che si occupa di difendere la città dai banditi e suo padre scacciò dal paese uno dei più efferati criminali che San Angel abbia mai conosciuto. Dopo una discussione, Manolo chiede alla sua amata di vedersi in privato e qui Xibalba fa sì che si crei una scena alla Romeo e Giulietta dove María viene addormentata e Manolo, colmo di sensi di colpa, si fa uccidere dal serpente mentre la sua amata di risveglia e si ritrova davanti al fatto di dover sposare Joaquín, poiché del frattempo egli ha minacciato di andarsene e il criminale ha scoperto della sua spilla e sta tornando a San Angel per riprenderselo.
Manolo nel frattempo incontra tutti i suoi antenati nel mondo de la muerte e con il loro aiuto riesce a farsi accompagnare prima da un uomo che fabbrica candele che ricorda terribilmente la nuvola del corto Pixar Partly Cloudy. Raggiunta la Santa Muerte, tutti coloro che dovevano tornare alla vita possono finalmente farlo e affrontare così il ritorno del nemico al villaggio.
Come ho già detto, il tutto è contornato da quella che dovrebbe essere la storia principale, ovvero quella di alcuni ragazzini che per punizione devono visitare un museo. Sì, per punizione. E vabbè! A parte questo, secondo me i loro interventi e commenti sporadici fanno perdere un po' l'attenzione, sono sostanzialmente inutili. Se proprio non se ne poteva farne a meno, sarebbe stato meglio secondo il mio modestissimo parere inserire una brevissima sequenza alla fine, come ad esempio in Balto. Per il resto nulla da obbiettare, i colori sono bellissimi a la storia è ironica al punto giusto (bellissimo il maialino che María si porta dietro, come Homer Simpson) da essere apprezzabile anche per i bambini pur trattando un tema triste e complicato come la morte.

Jurassic World (2015, USA, Colin Trevorrow) è tutt'altra roba. Come stavo dicendo a mio fratello, si basa su una serie di cattive idee che secondo me il film poteva sottotitolarsi, parafrasando Lemony Snicket, "una serie di sfortunate idee". Perché voglio dire:
Fare un nuovo parco fra le ceneri di quello vecchio con lo stesso tema chiuso perché ha causato un sacco di morti è una cattiva idea;
Creare un dinosauro con i pregi di tanti altri animali è una cattiva idea;
Mandare i tuoi nipoti minorenni e un po' indisciplinati, di cui uno in piena adolescenza con gli ormoni che gli fanno fumare le orecchie e un leggero vizio nel mettere in  pericolo il fratello, a vagare in una palla fra i dinosauri è una cattiva idea.
Però m'è garbato da morire: prima di tutto il fatto che il proprietario fosse la versione indiana dell'Iron Man di Robert Downey Jr, poi il fatto che la zia stacanovista è riuscita a correre nelle foreste, scappando da un dinosauro/mostro/ibrido potenzialmente invincibile che si chiama Indominus Rex  ma anche Godzilla ci stava benissimo, è qualcosa ai limiti dell'impossibile ed io da ragazza che sui tacchi riesce a fare 5 passi e poi uno a terra, non sapevo se ridere o piangere. Ma soprattutto sono tornata a quand'ero piccolina, la scena finale giuro che mi ha quasi fatto commuovere, giuro. È pericoloso fare sequel di questo tipo, su film cult e che alcuni "nerd" hanno considerato come roba da "nerd", quindi sacra (basti pensare al pandemonio che si sta creando attorno al fatto che nel sequel di Ghostbusters le protagoniste saranno femmine), quindi le critiche me le aspettavo a priori, più o meno come da alcuni "Otaku" - otaku si fa per dire, eh - per 47 Ronin. Io ho lasciato stare e mi sono gustata questo film in tutta la sua fantasia, perché già il primo era qualcosa di altamente imporbabile, ma finché non avrò la possibilità di tornare bambina correndo per Disneyland Paris mi accontento anche di questo.
E poi un'altra cosa: sin dal primo Jurassic Park mi sono messa a fantasticare su quanto bello e vantaggioso potesse essere avere un dinosauro, nello specifico un T-Rex, addestrato. Chris Pratt era lì ad addestrare velociraptor come fossero delfini in un parco acquatico e c'è persino un Mosasauro che delizia come se fosse un'orca. Roba da matti. Io che mi ero sempre immaginata, in deliri da persone che avrebbe bisogno di caffeina ma non gradisce il caffè, di presentarmi alle verifiche prima e agli esami poi, con un T-Rex per prendere 30 e lode come se niente fosse, avevo davanti una dimostrazione tangibile che non ero poi così tanto fantasiosa.
Non sto qui a raccontarvi la trama perché credo che non ce ne sia bisogno, chi non vede Jurassic World non ha visto Jurassic Park e quindi non ha bisogno di niente. Chi aveva bisogno come me di tornare ai bei vecchi tempi l'ha già visto. E non ditemi che la morte dei brontosauro non vi ha ricordato la morte del nonno di Piedino di La Valle Incantata. Sentiamoci vecchi. E nostalgici.

mercoledì 13 maggio 2015

La Storia della Principessa Splendente, Cenerentola, Home



Scusatemi, davvero. Anche se siete silenziosi avete continuato a seguirmi ed io sono un'ingrata. La mia scusa stavolta è anche più triste delle altre: in pratica ho avuto (ed ho ancora) l'internet che gioca a nascondino. Ho inoltre preparato l'esame di Storia e Critica del Cinema, il famoso esame alla cui professoressa avevo chiesto la tesi. Grosso errore: VOLEVO, DOVEVO assolutamente fare bella figura perché il mio corso di laurea è a numero aperto e trovare un relatore è difficilissimo: mi ha concesso la tesi, pur scegliendo lei l'argomento e scartando i miei a priori, senza nemmeno conoscermi. Mi ha concesso il beneficio del dubbio e questa cosa mi ha messo sotto pressione che è una meraviglia. Sono una persona molto ansiosa, più di quanto possiate immaginare e molto timida, gli esami orali per me sono un grosso problema e li vivo malissimo già senza mettermi da sola delle grosse aspettative... quindi immaginatevi cos'è stato per me affrontare tutto.
Comunque alla fine è andato bene, l'ho passato e sono tornata a casa con due proposte di tesi intese come due film. Uno non l'ho nemmeno visto perché il primo mi era piaciuto un sacco: L'arpa birmana, un film giapponese del 1956 contro la guerra. Ed io adoro l'Asia, specialmente il Giappone e ancor di più la Birmania. Adoro la spiritualità del buddhismo e quindi questo film sembrava fatto per me. Poi oltre ad internet che va a balzi, è successo una delle cose più tristi. La salute di mio nonno, 87 anni, si è aggravata e Sabato notte ci ha lasciati. Avevo l'immensa fortuna di aver perso solo un nonno finora ed ero molto piccola, però tutto sommato sono riuscita a non prendermela più di tanto.

Ma passiamo ad argomenti più felici. Tipo gli unici 3 film che sono riuscita a vedere (se non consideriamo Age of Ultron, che non penso recensirò perché pur conoscendoli non ho una grande conoscenza dei fumetti): ovvero La storia della principessa splendente, Cenerentola e Home.
Iniziamo dal principio, quello già accennato nel post precedente, ovvero La storia della principessa splendente. Ispirato da un'antica leggenda giapponese, è diretto da Isao Takahata.
Ecco, qui potrei rischiare di scatenare un po' d'odio: mi è piaciuto? Nì. La storia nel complesso è molto carina, ma secondo me la lunghezza del film rischia di renderlo un po' troppo... lungo appunto. Ci sono dei punti in cui, insomma, ti accorgi che il film sta durando 2 ore e più.
L'inizio del film, dove lei è piccola e insegue la rana mi hanno fatto una tenerezza incredibile, mi è piaciuto moltissimo anche la storia dei pretendenti che sa proprio di racconto da mille e una notte e, soprattutto, mi è piaciuto il modo così accurato con cui Takahata spiega l'educazione e i canoni di bellezza del tempo, come ad esempio i denti neri. È una riflessione sul rapporto genitore figlio in cui le posizioni dei due genitori sono ben distinte: la madre è una mamma chioccia e fino all'ultimo non si preoccupa mai dell'educazione regale della figlia, lei le voleva bene allo stesso modo anche quando correva scalza per i boschi. Dopo tutto, Principessa è vero e proprio dono, che si è presentato da lei dopo una vita senza figli e in un'età in cui averne era ormai impossibile. Il Padre invece pretende da lei ma lo fa per il suo bene, nel desiderio che lei viva una vita degna e felice, rendendosi conto di quanto il suo amore fosse effettivamente troppo quando Principessa desiderò tornare da dov'era venuta.
C'è una cosa che non mi è piaciuta, ed è stata la reazione dei fan agli Oscar. Molti hanno gridato all'ingiustizia perché è un film capolavoro che meritava l'oscar se non per il suo omaggio alla tradizione giapponese (cosa che hanno TUTTI i lavori dello Studio Ghibli) quanto per la particolare tecnica di disegno. Ecco, questo non l'ho gradito per il semplice motivo che l'anno scorso tra le candidature c'era un film d'animazione francese, Ernest e Celestine, che aveva anch'esso una particolare tecnica di disegno ma nessuno se lo filò. Per questo credo che non sia lo studio Ghibli ad essere di "serie B": in quella categoria ci sono tutti gli altri, quest'anno ad esempio è toccato da Boxtrolls che se entriamo nell'ottica del film d'animazione = film per piccoli, aveva un importantissimo messaggio da dare e invece, poveraccio, è diventato di nicchia. Io comunque il 25 Maggio andrò a vedere il documentario sullo Studio Ghibli.

Passiamo a Cenerentola, che va ad aggiungersi a quella che sembra essere una nuova tradizione Disney: i live action. Sono già stati confermati Dumbo, alla regia di Tim Burton, La Bella e la bestia di cui credo di aver visto almeno una ventina di cast "ufficiali" diversi e il Libro della Giungla. Personalmente all'inizio non ero molto convinta. Prima di tutto non mi piacevano le sopracciglia di Lily Evans (non la grandezza perché anche io le tengo così, quanto piuttosto il colore), poi il principe non mi sembrava nemmeno lontanamente degno di essere paragonato a quello del cartone e infine io Helene Boham Carter nei panni della fata madrina proprio non riuscivo a vederla dopo un trilione di pellicole in cui faceva la "cattiva" della situazione. Invece mi è garbato moltissimo. Hanno dedicato qualche attimo in più ai genitori di Ella che nel cartone sono liquidati in fretta facendo quasi passare il padre come uno che il giorno dopo stava già cercando moglie. C'è sentimento in questo film: la matrigna poi, la bellissima Cate Blanchett ha dimostrato tutta la sofferenza dell'essersi trovata vedova di un uomo che profondamente amava e con due figlie a cui voleva così tanto bene da volere il meglio per loro (a prescindere dai loro desideri, esattamente come in La storia della principessa splendente). Dare un'anima alle "villains" è una cosa che non tutti hanno apprezzato, soprattutto in Maleficent ma a me fondamentalmente piace questo lato, li rende più umani e allo stesso tempo più deboli. E poi c'è una cosa piccolissima che magari non tutti hanno notato, ma la matrigna e le sorellastre hanno spesso e volentieri un abbigliamento non adatto all'epoca, ad un certo punto hanno un abbigliamento palesemente anni '50 e nulla, mi è sembrato molto carino, mi ha ricordato le converse in Marie Antoinette. Ah, e poi il principe è di una bellezza incredibile, le farfalle sul vestito di Ella erano tutte anche nel mio stomaco!

Arriviamo a Home. Home è l'ultimo lavoro di casa Dreamworks. Home, ovvero "casa" si riferisce a ben due... pianeti: il nostro e quello dei homeless Boov. I boov sono degli specie di polpetti squadrati che cambiano colore a seconda delle proprie emozioni (e secondo me molto morbidi) con un'educazione (e una lingua) rigorosa e tutta loro, simile a quella che si vede in The Lego Movie (mio fratello dice che come film si somigliano infatti, a me ha ricordato un po' anche Lilo e Stitch). Tra di loro spicca Oh, che è il Boov imbranato e inadeguato, ovvero quel tipo di personaggio che è ormai una presenza fissa film. E MI RACCOMANDO NESSUNO LI TOCCHI! È la rivincita degli sfigati, quelli bullizzati, quelli imbarazzanti, che nessuno vuole, che tutti canzonano continuamente. Quelli a cui mi capita di somigliare, insomma. E io gli voglio un sacco di bene a questi personaggi qui, tifo costantemente per loro. "Oh" ad esempio si chiama così perché è l'esclamazione rassegnata che tutti fanno quando lo vedono e lui lo sa che gli altri non lo vogliono ma cerca continuamente di farsi accettare e inevitabilmente combina guai. Ma Oh sarà l'unico a capire perché i(l) Gorg continua ad inseguirli: perché loro, che pensano di essere i buoni anche si prendono la libertà di spostare tutti gli abitanti della terra in Australia e le vittime, sono in realtà i cattivi, che stanno rubando pianeti e fuggendo da chi sta solo cercando di riprendersi la sua famiglia. Famiglia, Ohana, è infatti il tema principale di questo tenerissimo film d'animazione. E Oh alla fine riuscirà ad averne una, dopo essere riuscito a salvare ben 3 diversi mondi ed aver sistemato quel gran casino che aveva creato quell'egoista del loro capo e aver fatto capire a tutti che si sbagliavano sul suo conto.




lunedì 16 marzo 2015

Il settimo figlio | Recensione

Ciao ragazzi, scusate l'assenza ma la fine della sessione ha sempre un effetto snervante su di me. Soprattutto perché ho solo due mesi di "pausa" e devo ricominciare a fare esami. E giacché me ne mancano solo cinque e non ho ancora iniziato a scrivere la tesi sono, un attimo stressata.
Comunque è da prima degli Oscar che non scrivo, quindi volevo esprimere la mia felicità per la vittoria di Eddie Redmayne come miglior attore e di Big Hero 6 come film d'animazione. Sono davvero felice, soprattutto per Eddie che ha mostrato una felicità genuina che mi ha fatto tantissima tenerezza. Ho guardato pochi film, mi sto riprendendo adesso. Uno è Il settimo figlio di cui parlo oggi e l'altro è La storia della principessa splendente di cui parlerò nel prossimo post.

Dunque: Il settimo figlio (2014, USA/GB, diretto da Bodrov), che era nelle sale fino a pochissimo tempo fa, è tratto delle serie Wardstone Chronicles o The spook's apprentice di Joseph Denaley. Leggo da Wikipedia che di 13 libri solo 2 sono stati tradotti in Italia: il primo, tradotto come L'apprendista del mago prima (che dava addirittura il nome all'intera "saga") e il settimo figlio poi e il secondo, la maledizione del mago.
Ora, per tutti i fan della saga: spero per voi che traducano anche il resto, magari in vista di un adattamento cinematografico dei restanti volumi. Se no vi toccherà leggerla in inglese (e da studente di lingue vi dico che non può farvi che bene), magari aiutandovi con questo.

Qualcuno, in qualche posto, libera un enorme dragone che a quanto pare stava rinchiuso sottoterra da un sacco di tempo. È questo, probabilmente, a rendere il drago terribilmente incazzato.
 La prima scena in cui ci appare Master John Gregory non è sicuramente delle migliori. Lo ritroviamo in una locanda a bere qualche alcolico e snobbare un signore che continua ad insistere con lui che le campane suonano perché qualcuno necessita dei suoi servigi. La situazione diventa sempre più tesa e nonostante l'arrivo del suo assistente sembri calmare la situazione, la cosa finisce in una rissa che fa mettere ko il povero sventurato prepotente che ha osato sfidare il mago. I due, comunque, decidono di muoversi finalmente dove c'è bisogno di loro: all'interno di una cattedrale trovano una bambina assatanata che, dopo una breve ma intensa lotta, libera proprio l'anima di quel dragone. Resterete sorpresi nel scoprire che quel dragone è una strega e nelle sue fattezze umane ha il volto della neopremio Oscar Julianne Moore (diciamo che questo ruolo, se pensiamo a quello che le ha fatto vincere l'ambita statuetta, è piuttosto mediocre e si vede). Quindi parte una lotta fra il mago, il suo apprendista e la strega. Il mago continua a lanciargli addosso tutte le sue conoscenze alchemiche, lei per tanto si porta nella gabbia il suo apprendista, si fa dare fuoco e fugge lasciando il povero ragazzo ad incenerire.
Master Gregory, a dire il vero, non sembra poi così toccato dal fato che una giovane vita sia finita in polvere. Ma come biasimarlo? È vecchio e deve ricominciare daccapo, trovare un degno erede ed in fretta, ora che la sua arcinemica è pronta per tornare a seminare terrore al villaggio. Pertanto facciamo conoscenza di Tom Ward, un ragazzetto che vive con la sua numerosa famiglia e il lavoro è dare da mangiare ai maiali. Un compito semplice dovuto al fatto che il ragazzo ha continuamente delle visioni, di cose passate e cose future che lo rendono debole e talvolta lo fanno svenire. Il Mago arriva da lui, settimo figlio di settimo figlio, e se lo porta via con sé per farlo diventare suo apprendista; Tom non sta più nella pelle, non vede l'ora di dare un senso alla sua vita e accetta il medaglione che la mamma gli affida senza fare troppe domande per poi fuggire in fretta. I rapporti tra Master John e Tom sono piuttosto difficili all'inizio: Tom disobbedisce al suo unico compito, ovvero quello di non muoversi dal suo "letto", rischiando di morire dopo poche ore lontano da casa e Master John lo disprezza poiché vive nel ricordo della diligenza del suo ultimo apprendista appena deceduto.
Tuttavia i due passano la notte ad allenarsi e all'alba troviamo il giovane ancora con il naso sui libri. Quindi Tom arriva ad un passo dalla morte una seconda volta: incontrano un orco, che doveva essere molto sordo e avere paura dell'acqua ma di fatto non è né l'uno né l'altro. Tom finisce in una cascata e anche stavolta Gregory credendolo morto non parte particolarmente turbato. Difatti così non è e lo stesso Mago appare piuttosto sorpreso quando Tom risale il precipizio e lo raggiunge. Cominciano quindi le prime confessioni: la strega che ha ucciso l'ultimo apprendista di Gregory è Madre Malkin e ce l'ha con lui perché i due un tempo innamorati si lasciarono, lui sposò un'altra donna e quando la strega venne a saperlo la uccise e iniziò a perseguitare il Mago (mi ricorda molto Maleficent, questo).
Sarebbe stato un buonissimo momento per Tom per confessare al suo maestro che il giorno in cui è diventato apprendista ha conosciuto una strega, che i due si sono innamorati e che durante il loro primo tocco è scoppiato quel bagliore che segnala alle streghe che quello è il loro vero amore. Ma preferisce tacere. L'unica cosa che vien fuori è che la madre di Tom è una strega e che il medaglione che lo protegge lo rubò lei stessa proprio a Madre Malkin.
Quest'ultima, nel frattempo, venuta a conoscenza della relazione fra i due incarica la ragazza di rubare quella pietra e in cambio lei salverà la vita del suo amato. Mentre la giovane riuscendo a rubargli la pietra, fa nascere in Tom il dubbio che lei non sia semplicemente al servizio di Madre Malkin e che tutto fosse solo un inganno, questa si reca al villaggio con tutti i seguaci che ha nel frattempo ingaggiato e la madre di Tom, nel tentativo di salvare quanta più gente possibile e poiché priva del medaglione, muore per poi riapparire come visione a suo figlio e dirgli che lui non è solo un settimo figlio, ma anche un po' una strega e questo lo rende invincibile. Per scoprire la verità e liberarsi della perfida strega, i due andranno al suo castello.

Considerazioni: il film non è sicuramente un capolavoro, questo va detto. Mi è piaciuta molto la dinamica genitore-figlio fra Alice & Radu e Tom e sua madre, sarebbe stato carino se fosse stato più approfondito. Per il resto è di una banalità disarmante: il Mago distaccato, tormentato e ubriacone è qualcosa di visto e rivisto, così come l'apprendista che nemmeno lui sa come ce la fa sempre. Della storia d'amore fra due fazioni che non si sopportano non parliamone nemmeno. Se notate gli effetti speciali, sappiate che c'è stato un po' di caos in questo campo, poiché la compagnia che se ne occupava è andata in bancarotta. La colonna sonora non rimane di certo in testa. Comunque immagino che nei libri ci fosse tanto di più, visto che qui le scene di azione si contano davvero sulle dita di una mano. E suppongo che Kit Harington sia stato messo lì sono per attirare più fan, come Taylor Swift in The Giver o Rick Genest in 47 Ronin. Diciamo che il trailer era un po' fuorviante, dai.

venerdì 6 febbraio 2015

La teoria del tutto | Recensione

Sciao belli, fra un esame e l'altro ho finalmente trovato il tempo per scrivervi di uno dei film più belli che abbia mai visto: La teoria del tutto. Era dai tempi di The Help che un film non mi coinvolgeva e emozionava così tanto! Prima di iniziare con la trama, vorrei chiarire una cosa che diverse persone sembrano avere difficoltà a capire: c'è un motivo per cui nel film viene dato poco spazio alla carriera scientifica di Hawking e più alla sua storia d'amore con Jane, ovvero il fatto che il film sia tratto dall'autobiografia di quest'ultima "Travelling to Infinity: My Life With Stephen", cosa che si può comunque capire leggendo il sottotitolo del film che ci dice che il film tratterà de l'incredibile storia fra Jane e Stephen Hawking. Perché è molto importante questa cosa? Perché il film non parla solo di Hawking, il film parla di Jane e senza capire questo il film potrebbe sembrare noioso. La teoria del tutto è qui un contorno, è un viaggio all'interno dell'intimità di Stephen, all'interno della vita di una delle donne più straordinarie che io abbia mai visto. Una di quelle donne da aggiungere alla lista delle donne che ispirano, assieme a P. L. Travers e Margaret Thatcher. Un film candidato all'Oscar che, secondo me, si merita tutto.

The theory of everything è quindi, prima di tutto, una storia d'amore. Un amore così forte che supera una feroce malattia e un milione e più di difficoltà. Ed infatti è proprio con un incontro che comincia la loro storia: Stephen (il bellissimo Eddie Redmayne) è un giovane ragazzo alla ricerca di un argomento per il dottorando ed un giorno, ad una festa, incontra Jane (la bellissima Felicity Jones) e già le loro prime parole, secondo me, sono poesia:
-Hello.
-Hello.
-Science.
-Arts.
Parlano tutta la sera, fra i due c'è un'intesa non indifferente e, alla fine Jane lascia al Stephen il suo numero. Iniziano i primi timidi approcci da parte di Stephen e Jane, non nasconde il suo interesse. Stephen invita Jane a pranzo a casa dei suoi dove scopriamo che anche lei sta preparando il dottorando e che l'argomento è già scelto (è importante questo per qualcosa che ci verrà poi fatto notare più volte nel film) e lì lui le chiederà di andare al ballo con lei, invito che lei accetterà. 
Il ballo, con bacio alla fine, è una delle cose più belle che io abbia mai visto, ve lo giuro. La loro storia d'amore, gli studi di Hawking procedono perfettamente ma qualcosa arriva a interrompere la quiete: Stephen non può più ignorare i chiari messaggi che il suo corpo continua a lanciargli, urlandogli che c'è qualcosa che non va, che i muscoli non rispondono come dovrebbero (prima le mani che non riescono a stringere il gessetto, poi i piedi che non stanno in posizione corretta) perché ormai la situazione si è aggravata e Stephen cade, sbattendo la faccia sul suolo della sua università.
Ricoverato in ospedale, Stephen riceve la diagnosi: si tratta di atrofia muscolare progressiva, che presto lo paralizzerà completamente. Una cosa che mi ha commosso è la domanda che Hawking fa al dottore, chiedendogli che la malattia arriverà anche al cervello. La risposta è negativa. Gli danno inizialmente due anni di vita (questo quando aveva circa 20 anni... adesso ha la bellezza di 73 anni!). cosa che lo porterà ad isolarsi da tutti, persino dalla sua amata Jane. Sarà proprio quest'ultima a convincerlo ad uscire e la scena di Stephen zoppicante che gioca a cricket è struggente. Alla fine comunque Stephen torna a studiare e, durante un convegno sulla matematica, trova l'ispirazione per la sua tesi di dottorando: l'origine dell'universo.
Nonostante il parere contrario dei genitori di Stephen, i due si sposano e nasce il loro primo bambino. Mentre i successi di Hawking in campo accademico vanno avanti velocemente come la sua malattia che lo costringerà presto in sedia a rotelle, Jane ha un secondo figlio e mette da parte i suoi studi per dedicarsi alla sua famiglia con bisogni speciali. Ci tengo a specificare questa cosa perché nessuno, a quanto pare, ha fatto caso a quanto Jane abbia sacrificato per l'amore della sua famiglia, è la conferma del detto "dietro una grande uomo, c'è una grande donna" e questo è un fatto cui bisogna prestare attenzione.
E a proposito di sacrifici, Jane continua a dire a suo marito che hanno bisogno di un aiuto, cosa che lui tuttavia continua a negare consigliandole, tuttavia, di frequentare il coro della chiesa.
Qui conosce Jonathan, direttore del coro e tra i due si instaura subito una profonda amicizia che diventa presto attrazione. Jonathan diventa quell'aiuto di cui lei aveva bisogno ma decideranno entrambi di porre fine alla loro frequentazione quando Jane ha il suo terzo figlio e la suocera l'accusa di averlo fatto con lui e non con il marito. Tuttavia Stephen, resosi finalmente conto del reale bisogno di aiuto, convince Jane a fare pace con Jonathan ed andare in campeggio con lui e i figli mentre lui si reca in Francia per assistere ad una rappresentazione teatrale. Questa io l'ho interpretata come una sorta di "autorizzazione ad andare con l'amico, ma la scena della tenda è elegantemente censurata e non vorrei aver frainteso il tutto quindi non mi scompongo.
In Francia Stephen ha un  malore dal quale si salva con una tracheotomia che, tuttavia, gli toglie l'unica indipendenza che gli è rimasta: la parola. Sprofondato nella tristezza e nel silenzio, Stephen non collabora con Jane nel comunicare con un'apposita tavoletta e boccia ogni infermiera che la moglie gli mostra, fino all'arrivo di Elaine.
Ho odiato Elaine molto prima di vedere il film. C'è, infatti, una profonda differenza fra lei e Jane: quest'ultima ha deciso di sposarlo prima che arrivasse la fama, a prescindere da una malattia che non si sapeva nemmeno a cosa avrebbe portato. Elaine ha sposato Hawking quando lui era già malato e soprattutto famoso. 
Durante il divorzio da Elaine è emerso come lei sia un'astuta manipolatrice e che, a quanto pare, aveva anche dei comportamenti violenti nei confronti di Hawking che tuttavia ha sempre negato. Questo nel film è reso molto bene, se notiamo come Elaine piano piano arriva a emarginare Jane, allontanandola suo marito, anche quando quest'ultimo sarà di nuovo in grado di parlare grazie ad un sintetizzatore vocale (bellissima citazione a Doctor Who, con Hawking che imita i Daleks), imponendosi come donna di casa e quindi sostituendosi completamente a Jane, traspordando su di sé persino i sentimento. Hawking inizia a scrivere il suo libro e decide di lasciare Jane dicendole che ha deciso di recarsi in America per ritirare un premio con Elaine.
Durante il suo discorso negli USA, c'è una scena in cui Stephen immagina di rialzarsi dalla sedia e raccogliere la penna ad una ragazza seduta in prima fila. Qui dirà le sue più celebri parole "finché c'è vita, c'è speranza". Jane intanto si è rifatta una vita assieme a Jonathan ma sarà lì quando Stephen riceve un invito dalla Regina Elisabetta che vorrebbe onorarlo con titolo di cavaliere britannico. Hawking rifiuterà tale titolo, ma c'è una scena, che conclude il tutto, in cui Jane e Stephen guardano i loro tre figli giocare a palazzo reale e lui le dice "Guarda che cosa abbiamo fatto".
Jane alla fine riuscirà a finisce la tesi e ottenere il dottorando. Quando guardate il film, riconoscete due attori: David Thewlis e Harry Lloyd che danno quel tocco british in più. Adoro.