lunedì 1 settembre 2014

Film introversi, non si è soli nemmeno nella solitudine

Definisco film "introversi" quelli che parlano di personaggi timidi e sociofobici.
Il motivo per cui amo questi film è che io sono così: timidissima e completamente incapace di fare amicizia. Non sto scherzando e non fa ridere. Sono solitaria non perché non apprezzo l'essere umano ma perché la mia timidezza mi impedisce qualsiasi interazione sociale e nella mia vita non so quante occasioni ho perso a causa di questa cosa. Credo che sia tutto dovuto al fatto che i miei compagni mi prendevano in giro perché soffro di sigmatismo e zetacismo (giusto per intenderci, parlo come Jovanotti) e questa cosa col tempo ha finito col bloccarmi -motivo per cui ho aperto un blog e non un canale youtube-; come se non bastasse, ho una fortissima cadenza sarda e pare che questo sia un divertente motivo per sbeffeggiarmi.  Se poi ci aggiungiamo il fatto che sono una persona molto, molto, molto ansiosa il gioco è fatto. Quando mi capita di dare esami orali all'università sfoggio un italiano e un inglese che vi assicuro è imbarazzante, nonostante tutti in situazione di quiete, si complimentino sempre per il mio lessico. Insomma, questa cosa sta compromettendo la mia sanità mentale, non sto scherzando. Quindi ho deciso di rincorrere ai ripari e ho iniziato a leggere Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita di Giulio Cesare Giacobbe, autore che alcuni miei amici mi avevano già in precedenza lodato e consigliato. In sostanza si tratta di una divertente guida del 2003 che si propone tramite alcuni esercizi di yoga e buddhismo zen (eh lo so, sembra già figo così) di farti vivere una vita normale. Credo che dopo questo libro proverò qualche altra guida dello stesso autore come La paura è una sega mentale e magari come diventare un Buddha in cinque settimane. Ecco alcuni protagonisti dei film che hanno disperatamente bisogno di leggere questo libro, esattamente come me:

Angélique Delange & Jean-Réne, protagonisti di Gli emotivi anonimi (Les émotifs anonymes, 2010 Francia, directed by Jean-Pierre Améris). Amo questo film, è uno dei miei preferiti (ma non quello in assoluto, a cui voglio dedicare un post a parte) ed è naturalmente francese. Dunque: chi sono gli emotivi anonimi? Esattamente come gli alcolisti anonimi, sono un gruppo di supporto dove a far da protagonista è l'emotività e la timidezza. I partecipanti sono veri e propri casi umani, roba dell'altro mondo e Angélique ne fa parte. Lei è una cioccolataia bravissima che vive sotto mentite sponde perché incapace di mostrarsi al pubblico e godersi il meritato successo. Jean-Réne invece è a capo di una piccola azienda di cioccolato in crisi -anche a causa della sua timidezza-, che non riesce a legare in alcun modo con le donne e che conscio di questo è in cura dallo psicologo. Quando quest'ultimo darà a Jean-Réne il compito di interagire con la timida Angélique, ci saranno una serie di avvenimenti tragicomici che, vi giuro, mi hanno fato ridere di quella che in fin dei conti è la mia stessa debolezza portata all'esagerazione. Il finale soprattutto, è bellissimo: i due pronti a sposarsi decidono di fuggire assieme perché incapaci di sostenere la tensione, vivendo quindi la loro fobia sociale insieme.

James Sveck, di Un giorno questo dolore ti sarà utile (One day this pain will be useful to you, 2011, Italia/USA, directed by Roberto Faenza). Non potrò mai dimenticarmi questo film e come l'ho visto, sembrava uno scherzo del destino: l'anno della mia maturità ho partecipato come giuria per il David di Donatello e, in poche parole, quello che dovevo fare era semplicemente recarmi al cinema una volta a settimana per guardare un film "a scrocca". Non mi capita mai di arrivare tardi in posti dove devo entrare in una stanza piena di gente, come può essere appunto il cinema o ad esempio una lezione in facoltà. Però quella volta successe ed ero molto combattuta tra l'entrare nella sala e passare inevitabilmente sotto lo sguardo di tutti o tornare a casa e uscire dal progetto, visto che avevo terminato le assenza possibili. Alla fine, grazie all'aiuto del buio in sala, entrai e fu lì che conobbi James Sveck nato prima di tutto come personaggio "introverso" del mondo letterario (il film è tratto dall'omonimo romanzo di Peter Cameron. Se vi dovesse capitare leggetelo, è meraviglioso). James è solitario, timido, il migliore amico del suo cane, definito un disadattato perché durante una gita con la classe in preda ad un attacco di panico fuggì dal guppo e passò diversi giorni da solo in un museo a fare quello che più gli piace, ovvero leggere. Nonostante nella sua famiglia siano tutti abbastanza bizzarri, James è l'unico che viene mandato da una life coach, in seguito alla sua decisione di non andare all'università e di trasferirsi a vivere in una casa lontano dal caos di NY. Quando poi James ingannerà, senza sapere nemmeno lui il perché, un ragazzone che lavora alla galleria della madre creando non pochi problemi, cercherà e troverà conforto nell'unica persona che l'ha sempre sostenuto: sua nonna. Il punto cruciale di della solitudine di Sveck credo sia la lotta tra la sua consapevole introversione e l'inconscia ricerca di un'anima gemella, quasi come per ribadire il concetto che anche le anime più solitarie hanno bisogno di qualcuno al proprio fianco.

Lars Lindstorm, da Lars e una ragazza tutta sua (Lars and the real girl, 2007, USA, directed by Crieg Gillespie). Semplicemente non crederete ai vostri occhi: Lars (un semprebello Ryan Gosling) è così timido che sembra avere un qualche ritardo mentale. Rifiuta qualsiasi interazione, snobba una sua collega carinissima che cerca in tutti i modi di conquistarlo e soprattutto si innamora... di una real doll a grandezza naturale. Lars la chiama Bianca ed inventa per lei una biografia perfetta nei minimi dettagli: di origini brasiliane, è paralitica e costretta in una sedia a rotelle (così da poter giustificare il fatto che una bambola non può camminare). Inoltre, essendo entrambi fortemente credenti, chiede al fratello e a sua moglie incinta di ospitare la ragazza, perché entrambi non sono d'accordo a dormire assieme. La psicoanalista a cui il fratello si rivolgerà ovviamente preoccupato per il fratello, consiglia di trattare Bianca come se fosse reale assecondando quindi Lars e coinvolgere l'intera comunità nella farsa. La cosa funziona, infatti sarà Lars stesso a far ammalare Bianca che morirà nel giro di non molto tempo. Paradossalmente Lars guarirà dalla sua timidezza e potrà finalmente farsi una vita sociale (so che volete sapere come finisce tra lui e la collega, ma non ve lo dico).

Amélie e Nino de Il favoloso mondo di Amélie (Le fabuleux destin de Amélie, 2001, Francia, directed by Jean-Pierre Jeunet). Credo che i più abbiano visto questo film, quindi credo che capiscano benissimo perché Amélie rientra in questa categoria. E Nino pure, è timido persino il suo hobby di collezionista di fototessere. Amélie è una ragazza particolare, del tutto fuori dagli schemi sociali e, anche in questo caso, si innamora di uno come lei. Però, attenzione, ci sono altri due personaggi all'interno del film che rientrano in questa categoria di cui però purtroppo non ricordo il nome e internet stavolta non è riuscito ad aiutarmi: la collega di Amélie al "Café des 3 moulins" e il fedele cliente. Questi due personaggi passano buona parte di film a scambiarsi sguardi timidi e al contempo passionali, creando un casino dopo l'altro e senza in pratica mai concludere niente. Alla fine la passione che poi scoppierà in bagno, piuttosto rumorosamente. Per la gioia di tutti.

Renée Michel e Paloma Josse de il riccio (Le Hérisson, 2009, Francia, directed by Mona Achace). Il titolo è già una metafora perfetta, quello del romanzo da cui è tratto lo è anche di più: l'eleganza del riccio, di Muriel Barbery. Renée è la portinaia di un palazzo, che si mostra con chi abita nel palazzo come burbera e antipatica, capace di voler bene solo al suo gatto. In realtà la donna vuole nascondere a tutti i costi la sua passione per la letteratura e la filosofia. Paloma Josse invece è un'undicenne estremamente intelligente, che si rifiuta di diventare come gli adulti e pertanto brama il suicidio il giorno del suo dodicesimo compleanno. Tra Renée e Paloma nascerà una profonda ed intima amicizia, conciliata da Kakuro Ozu, che fra l'altro riuscirà a far ammorbidire il cuore vedovo e sofferente di Renée. Dimostrazione di come due persone che non riescono ad integrarsi nella società possono essere la salvezza l'una per l'altra.

Ce ne sono altri milioni di personaggi del genere, ma questi sono senza dubbio sulla mia top-fiver personale. Aggiungerei anche Edward mani di forbici ma alla fine, poveraccio, aveva anche ragione a sentirsi un attimino fuori dal comune. Esistono ad esempio una serie di documentari, manga e anime che parlano dell'Hikikomori, ovvero una sindrome sviluppata soprattutto in Giappone dove baldi giovani e meno giovani si isolano volontariamente, vivendo in un modo artificiale fatto di fumetti e tv. In Asia, dove le aspettative lavorative e scolastiche raggiungono livelli che metterebbero a rischio la sanità mentale di chiunque, è un fenomeno pericolosamente in crescita. Ma finché non si raggiunge quel tipo di eccesso, i timidi di questa loro particolarità possono riderne.

5 commenti:

  1. I primi 3 mi mancano, vedrò di recuperarli al più presto, hai qualche altro film del genere da ccnsigliare?

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    1. Ciao! Volendo penso si possa inserire in questa categoria anche Her, ma al momento purtroppo non me ne vengono in mentre altri. Però guardateli i primi 3, meritano davvero tantissimo! E fammi sapere cosa ne pensi :)

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    2. Ho trovato "Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile" quasi irritante e abbastanza stereotipato ma è un'opinione personale.
      Mi sono piaciuti moltissimo invece gli altri due.

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    3. Davvero? Io nel protagonista mi ci rivedo molto, ogni volta che mi viene chiesto di parlare di un personaggio letterario/cinematografico che mi somiglia, io parlo sempre di lui. Tuttavia mi rendo conto che è irritante, agli occhi degli altri, vedere una persona che sembra sempre a disagio o che fa di tutto per non integrarsi. Dall'esterno non è piacevole, quindi capisco il tuo punto di vista!

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    4. a non essermi piaciuto non è stato il fatto che "sembra sempre a disagio o che fa di tutto per non integrarsi" , capisco benissimo questo comportamento, ma che, almeno secondo me, questa situazione è stata rappresentata male e in modo piuttosto superficiale
      il protagonista viene fatto passare per problematico quando in realtà è solo un ragazzo introverso senza particolari difficoltà e, come la stragrande maggioranza degli adolescenti, è confuso e in dubbio sulla strada da prendere in futuro.
      La crisi è totalmente irrealistica sia per come è stata resa sia perchè non è in linea con il personaggio, sembra messa lì tanto per giustificare l'etichetta di ragazzo con problemi.
      Sugli altri personaggi invece stendo un velo pietoso perché sono per lo più di macchiette al limite del ridicolo (in particolare i membri della famiglia).
      Una rappresentazione migliore di un personaggio di questo tipo è secondo e il protagonista di "Noi siamo infinito"

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