domenica 30 novembre 2014

Interstellar | Recensione

Ciao a tutti. Oggi vi parlo di Interstellar, il film tanto atteso quanto criticato perché "scientificamente poco accurato". Premettiamo che nelle materie scientifiche studio ma non mi applico per cui ne so tanto quanto. Il mio è un giudizio prettamente cinefilo e sinceramente è un bel 10 pieno! Posso solo dire che alcuni miei colleghi me l'hanno vivamente consigliato commentandolo con frasi del tipo "è commovente, ti sfido a non piangere".
Il mio corso di storia e critica del cinema è basato sul cinema d'autore e più volte è venuto fuori che secondo alcuni è un peccato che siano nati gli effetti speciali digitali perché tolgono poesia al film premesso che io cinema d'autore non lo amo particolarmente, penso al contrario che gli effetti speciali diano quel tocco in più al film e comunque senza di essi sarebbe difficile fare cose come Interstellar. Quindi mano al bicchierone di pop-corn, Christopher Nolan è tornato!

Interstellar (2014, USA & UK, directed by Christopher Nolan) vi terrà incollati allo schermo per la bellezza di 169 minuti. Se ancora state cercando di trovare un significato degno per Inception, sappiate che questo non sarà da meno.
Siamo in un futuro non precisato e non ce la passiamo affatto bene: delle bufere di sabbia causate dall'inquinamento hanno reso il nostro mondo talmente arido che l'unica cosa che si riesce a coltivare è il mais. I nostri polmoni sono pieni di una polvere così forte da riuscire a fare interferenza con le apparecchiature elettroniche.

Qui troviamo Cooper (il neo premio oscar Matthew McConaughey), un ex pilota che ha deciso di fare l'agricoltore dopo aver quasi perso la vita a causa di un'interferenza che gli ha fatto spegnere l'aereo. Vive col padre, suo figlio Tom e la sua adorata figlia Murph. Il carattere di quest'ultima ci è chiaro da subito: sappiamo che Cooper si reca a scuola per sostenere un colloquio coi professori perché la ragazza parla spesso a scuola dell'allunaggio, andando contro ai professori che credono che non si sia mai compiuto. Sappiamo anche che i professori spingono i loro alunni verso la carriera agraria tanto che Tom, che è un promettente studente,  rinuncerà alla scuola per seguire le orme del padre.
Il primo mistero di Interstellar è nella camera della ragazza che parla di un fantasma che le manda dei segnali e le fa cedere cose dalla scrivania. Noi sappiamo che qualcosa c'è, perché possiamo vedere una soggettiva arancione e sentire dei forti respiri, ma nessuno le crede. Un giorno dopo una tempesta di sabbia, il fantasma di Murph le lascia un messaggio usando un messaggio binario che poi Cooper tradurrà come coordinate di una mappa.

Recatosi lì insieme alla figlia, arrivano alla sede nascosta della NASA, dove il Dottor Brand preme affinché Cooper entri a far parte dell'equipe per un'importante missione: decenni prima dodici astronauti attraversarono un cunicolo spazio temporale formatosi affianco a Saturno per recarsi ciascuno in un nuovo pianeta e scoprire così se in almeno uno di essi ci fossero le basi per una nuova vita sulla terra. Il compito di Cooper e del resto della squadra è quello di recarsi nei pianeti che hanno ricevuto un feedback positivo e lì attuare un piano a seconda dei casi. Il piano A prevede il trasferimento in loco dei pochi abitanti della terra che sono rimasti; il piano B prevede il trasporto e conseguente trapianto di embrioni umani nel nuovo pianeta. Cooper accetta, nonostante la figlia e il fantasma lo preghino di restare. La squadra composta dalla biologa Amanda Brand, gli scienziati Doyle e Romilly, i robot TARS e CASE e naturalmente Cooper, attraversano il primo warmhole con non poche difficoltà soprattutto per il protagonista profondamente turbato dal cambiamento temporale a causa del quale ogni ora lì corrisponde a sette anni sulla terra.

Il primo pianeta si rivela subito una tragedia: la navicella che trasferiva i dati è distrutta e Milly la ricercatrice è morta. Il pianeta è completamente ricoperto di acqua e genera onde enormi; nel disperato tentativo di recuperare i dati della sonda Doyle muore. Tornati sulla navicella, chiamata Endurance, Romilly che era rimasto a bordo li informa che in quelle tre ore sul pianeta nella navicella e quindi sulla Terra sono passati ben 23 anni. Cooper disperato accende le registrazioni e ciò che vede è terribile: se sua figlia si rifiuta ancora di parlargli, Tom periodicamente si registra e così scopriamo che si innamora, si sposa, ha una figlia che morirà a causa della polvere e, infine, rassegnato, dirà addio al padre. Sua figlia gli manda un unico messaggio dove già grande lo informa di aver cominciato a lavorare per la NASA.

A causa della fuga dal primo pianeta, il carburante rimasto sull'Endurance non basta per entrambi i pianeti, decidono quindi di visitare il pianeta di Mann andando contro il parere di Amanda, accusata di voler scegliere l'altro pianeta perché innamorata dell'uomo che ci atterrò.
Sulla Terra intanto il dottor Brand assistito da Murph rivelerà a quest'ultima in punto di morte che il vero piano non prevede alcun trasferimento dei terrestri che quindi sono destinati a morte certa e lei subito avverte Amanda. Cooper sconvolto decide di far ritorno sulla terra dopo l'esplorazione di questo pianeta.

Mann a primo impatto sembra un uomo estremamente in buona fede e i suoi dati, nonostante la differenza di gravità e il freddo tremendo, sembrano promettere bene. Purtroppo così non sarà: durante una ricognizione rivelerà a Cooper che i suoi dati sono stati falsati perché una volta arrivato lì si è accorto che sarebbe morto in solitudine. Dopo la rivelazione cerca di uccidere Cooper che però riesce ad avvertire Amanda che lo salva. Mann ruberà la navicella, facendo esplodere la base all'interno della quale si trovava Romilly. Come se non bastasse, Mann cercherà di attaccarsi all'Endurance senza riuscirci, causando dei danno che ne provocheranno la morte.

A questo punto la loro unica speranza è il pianeta di Edmunds, l'uomo amato da Amanda. Per non sprecare quel poco di carburante che è rimasto decidono di attraversare il buco nero. TARS deve buttarcisi all'interno per raccogliere dati e Cooper fa lo stesso, in modo da allegerire la navetta permettendo ad Amanda di salvarsi raggiungendo il pianeta.
Intanto sulla Terra Muph vorrebbe portare via dalla loro casa Tom e la famiglia, che si sta ammalando a causa della polvere ma quest'ultimo non è d'accordo. Murph ha inoltre bisogno di recuperare i contatti col fantasma. Con un diversivo riescono quindi a distrarre il fratello e proprio il quel momento Cooper arriva. Arriva dove? Nella quarta dimensione! Cooper arriva in un enorme ipercubo creato dagli stessi "Loro", ovvero gli umani del futuro, che la NASA supponeva avessero messo lì il warmhole. Cooper scopre che l'ipercubo è collegato con la stanza di Murph, di cui può vedere le varie fasi della vita e che può interagire con essa utilizzando gli oggetti presenti nella stanza. Quindi il "fantasma" era Cooper stesso (che infatti ha la visiera del casco arancione) che di nuovo lancia messaggi morse e binari, implora sé stesso di rimanere con la figlia ma invano. Murph riuscirà a decifrare il messaggio e quindi a risolvere l'equazione che permette il trasferimento di tutti gli umani.

A questo punto Cooper viene espulso dall'ipercubo vicino a Saturno, dove verrà recuperato da un'astronave che lo porterà in ospedale, nel quale si risveglierà. Lì scopre che la figlia è ormai vecchia, infatti è in un letto d'ospedale senza quasi forze circondata dalle numerose generazioni che hanno fatto seguito. Murph lo incarica di andare a prendere Amanda e lui si dirige subito insieme a TARS verso quel pianeta che, scopriremo, era davvero quello adatto alla vita umana.

Piccola precisazione: non è che Nolan si è inventato tutta questa roba eh, la teoria esiste ed è di KipThorne.

mercoledì 26 novembre 2014

Dracula Untold | Recensione

Perché pensare che una vita è separata dalla prossima quando l'una nasce dall'altra? (Quote)

Ciao a tutti. Oggi vorrei parlarvi di uno di quei film che ho visto nelle settimane precedenti, durante una delle mie bellissime influenze (e, a tal proposito, me la son presa di nuovo). Contrariamente a quanto detto da altri, io questo film l'ho molto apprezzato.

Dracula Untold (2014, USA, directed by Gary Shore) è in sostanza un armonioso miscuglio della storia di Vlad III di Valacchia e il Dracula versione romanza di Bram Stoker. Infatti, quello che ho forse più apprezzato di Dracula Untold è il fatto che molto è raccontato di colui che ispirò questo grande romanzo e diede vita al mito vampiresco del conte Dracula. Partiamo dal principio possiamo constatare che Vlad è un gran figo (interpretato da Luke Evans) stra-innamorato della sua bellissima moglie Mirena (Sarah Gordon), come in quasi tutti i film che riguardano Dracula, e del suo figliolo Ingeras.

Vlad è il principe della Transylvania, che si trova a investigare sulla morte di alcuni soldati turchi, suoi arcinemici. Le ricerche lo portano nella grotta, su un'alta montagna, dove una soggettiva di qualche creatura misteriosa uccide tutti i suoi soldati ma lui riesce a fuggire. Tornato al castello (nel quale scopriamo che il suo nome deriva dal fatto che proviene dalla dinastia dei draghi, Dracul) Vlad scopre di una leggenda secondo la quale nel castello c'è un vampiro, diventato tale quando da umano ha fatto un patto col diavolo.

La sera durante un sontuosa cena, i turchi irrompono nel suo castello chiedendo un tributo e Vlad ma quando viene offerto loro dell'argento, loro pretendono di avere 1000 bambini tra cui suo figlio. Veniamo quindi a sapere che Vlad stesso fu dato come tributo ai turchi e che il sultano lo crebbe sotto la sua ala, accanto al suo figlio naturale che ora salito al trono pretende di fare lo stesso. Vlad cerca di aggrapparsi alla fratellanza con il principe turco, ma lui impassibile decide di portare avanti la sua richiesta. Tuttavia il principe della Transylvania non riesce a sopportare il dolore di separarsi dal figlio e di recare tale sofferenza anche alla moglie, quindi al momento della consegna ucciderà tutti i presenti andando così incontro alla guerra.

Messo alle strette dall'innegabile supremazia, soprattutto numerica, dell'esercito turco, Vlad prenderà una decisione disperata: tornerà alla grotta dove parlerà con il vampiro che lo trasformerà dandogli poche e semplici indicazioni: se nei 3 giorni seguenti eviterà di bere sangue umano, tornerà "normale"; in caso contrario resterà vampiro e sarà suo schiavo per l'eternità. Inizialmente Vlad riesce a controllare bene la sua sete e anche quando verrà allo scoperto e i suoi sudditi cercheranno di bruciarlo vivo, non mostrerà mai degli atteggiamenti particolarmente violenti nei loro confronti. Al momento dello scontro Vlad di trasforma in una vera e propria macchina da guerra: ha una vista strepitosa, è in grado di controllare i pipistrelli che verranno usati per confondere i nemici e di trasformarsi in una nube di pipistrelli lui stesso, cosa che lo rende praticamente invincibile e molto veloce.

Tuttavia, mentre lui si trova in mezzo alla mischia, alcuni turchi riescono ad arrivare al castello, catturare Ingeras... e la sua amata cadrà dalla torre più alta. E così, come da tradizione, lei morirà. Vlad allora disperato decide di trasformare i pochi sopravvissuti in vampiri, dopo essersi trasformato definitivamente bevendo quello di sua moglie in fin di vita - destinandosi così ad una vita eterna come schiavo di colui che l'ha reso mostro -, che da soli riescono ad annientare il resto dell'esercito turco mentre Vlad stesso, in un bellissimo scontro argenteo, ucciderà il suo fratellastro turco.

A questo punto i suoi giovani pupilli assetati decidono che è giusto prosciugare l'unico umano rimasto in vita, ovvero il povero Ingeras. Casualmente di lì passava il monaco (figura che odierete tantissimo, fidatevi) che con la sua croce allontana i vampiri e riesce a salvare il piccolo, dando la possibilità a Vlad, che controlla il tempo, di spostare le nuvole e bruciare tutti, sé stesso compreso, rendendo suo figlio un orfano di entrambi i genitori nel giro di 10 minuti.

Però, perché c'è sempre un però, quando Vlad sta per liberarsi dalla sua maledizione entra in gioco un pazzo scatenato di nome Shkelgim, che già in precedenza cercò di far bere il suo sangue a Vlad per diventare suo schiavo e qui, approfittando del fatto che quest'ultimo ha in pratica perso conoscenza gli farà bere il suo sangue salvandolo.
Facciamo un poderoso salto temporale, ai giorni nostri, nel quale Vlad riconosce al mercato la "reincarnazione" della sua bella e del suo padrone che ha finalmente deciso che è giunta l'ora di richiedere i dovuti servigi.

Ho molto gradito i panorami sulla Transylvania, mentre ho poco gradito il fatto che le atrocità fatte da Vlad III siano lette qui in una chiave buona. Infatti, ad certo punto, il protagonista dice che gli impalamenti, che voglio ricordare riguardavano villaggi interi e non singole persone, erano fatti per intimorire l'esercito turco e e che "per ogni villaggio sterminato ne salvava 10". Ecco, quelle lì erano pur sempre persone ed io questo poco l'ho gradito. Se questo mito è nato, sicuramente Vlad III fu tutto fuorché un personaggio amato

giovedì 20 novembre 2014

Annie Parker | Recensione

«My life was a comedy. I just had to learn how to laugh» (Quote).

Ciao a tutti. Manco da più di un mese, ma a mia discolpa posso dire di aver passato 3 influenze, diversi colloqui per la tesi e un progetto per l'università nel quale con altri miei colleghi dovevo analizzare un film e spiegarlo davanti a tutti (è stato orribile, per come sono timida io).
Comunque i film che ho visto sono stati ben pochi, di recenti ne ho solo 3.
Di norma ve li racconterei nello stesso ordine con cui li ho visti, però ho deciso di iniziare dall'ultimo.

Annie Parker
Annie Parker (2014, Usa, directed by Steven Bernstein) è una storia di donne. Donne malate di cancro e donne che quel cancro lo studiano.
Quando ho visto il trailer ho subito pensato che io quel film dovevo vederlo assolutamente ed infatti appena sono stata sola ne ho approfittato e me lo sono vista. Perché per me è tanto importante? Anni fa ebbi anche io dei problemi al seno, venni ricoverata all'ospedale rosa della mia provincia. In stanza con me e in quella affianco (io ero la più piccola, quindi tutte si sentivano in dovere di venirmi a tranquillizzare) ho conosciuto tutte donne che hanno combattuto quello stesso male. Non dimenticherò mai loro e la loro forza.

Mary-Claire King
Il film inizia con un flashback che se non altro ci dà qualche speranza: le due donne si incontrano, quindi sappiamo che Annie Parker vivrà e che Mary-Claire King risolverà il suo mistero.
Di quale mistero parlo? Mary-Claire è colei che ha scoperto che esiste un legame tra il gene BRCA1 e il cancro al seno. Una cosa così ovvia adesso ma che la dottoressa  fece molta fatica a dimostrare nel 1990.
Ma torniamo a noi. Siamo negli anni sessanta, Annie e sua sorella Joan sono due bambine. Joan pensa che una porta di casa loro (che sarà ricorrente durante tutti i 139 minuti, esattamente come quello che rappresenta) nasconda la Morte, che si sveglia se passi accanto a lei facendo rumore e che sua mamma l'abbia svegliata. Sua mamma ha un fazzoletto in testa: ha il cancro al seno. E non è il primo caso, infatti anche la nonna ed una zia sono già morte, dello stesso terribile male.

Quindi andiamo ai 18 anni di Annie, quando conosce Paul (Aaron Paul, che con i cappelli lunghi sembra Gesù ed è davvero bellissimo); si innamorano, si sposano e fanno sesso come conigli. E questo è un dettaglio meraviglioso, perché in un film che racconta il cancro è importante l'ironia. E da tanto sesso un figlio capirete bene che un figlio non tarda ad arrivare, infatti Annie sarà incinta quando anche suo padre morirà.

Nel frattempo Mary-Claire King è nel suo ufficio. Sta facendo un colloquio per ottenere fondi e dimostrare quella che un giorno sarà una delle più importanti scoperte mediche degli ultimi decenni. Peccato che, un po' per il suo carattere, un po' perché l'ereditarietà di questa patologia era considerata una leggenda, un po' perché la ricerca prevedeva dei tempi lunghissimi, i fondi non le saranno dati. Una particolarità bisogna notarla: l'orologio è segnato ogni dodici minuti, ovvero «la frequenza con cui le donne muoiono di cancro, 1 su 9 due milioni nei prossimi vent'anni».

Le vita delle due continuano ad alternarsi: Annie partorisce William e Mary-Claire inizia a stilare una scaletta del suo lavoro. Tutto sembra finalemente armonioso, fino a che Joan non scopre di avere un nodulo al seno e che questo sarà maligno. Annie all'ospedale dirà una cosa che mi ha tanto stupito: «Non riesco a smettere di pensarci (al cancro). Ci perseguita. Ho tanta paura che sia dentro di noi, che sia nella nostra famiglia». Joan la rassicura, ma alla sua morte Annie sviluppa una vera a propria ossessione per il cancro e non fa altro che toccarsi alla ricerca di noduli. E le situazioni sono anche divertenti, finché non ne scopre davvero uno, che sarà fra l'altro ad uno stadio così avanzato che non ci sarà alcuna possibilità di salvarle il seno.
Ed è qui che inizia il calvario di Annie. Col un seno solo, il marito si allontana da lei sempre di più e la sua convinzione dell'ereditarietà della malattia spingerà Annie a formare una piccola equipe fai-da-te con altri due medici che cercherà con pochi mezzi a cercare le cause di questo terribile male. Mentre Annie studia e inizia a mandare lettere a Mary-Claire, Paul appare sempre più distante.
Nel frattempo le ricerche della dottoressa vanno avanti con successo e la soluzione sembra sempre più vicina, iniziano infatti a prelevare il sangue e a trascrivere i tracciati, dopo aver finalmente imparato a riconoscere quella che viene definita una "proteina dalla forma peculiare".


Il piccolo dramma di Annie culmina il giorno in cui finisce il suo ciclo di chemio, in cui scoprirà che il marito non riesce più a toccarla a causa di quel "buco" che ha sul petto e che, dulcis in fundo, se la fa pure con la sua grande amica Louise (che il padre definiva
«un problema con la "P"maiuscola»). I due divorzieranno scatenando le ire del figlio William ma Annie riuscirà presto a rifarsi una vita con un altro uomo. Poco dopo anche Paul si ammalerà di cancro e morirà.

Mary-Clary e la sua equipe decidono di ritagliare dai loro campioni solo coloro che hanno avuto un cancro precoce e finalmente la scoperta è fatta!
Annie invece dovrà fare i conti col ritorno del cancro, ma anche stavolta riuscirà a sconfiggerlo e soprattutto avverrà l'incontro fra queste due grandi donne. Alla fine una serie di immagini ci daranno alcune notizia sulla vita delle due, molto interessanti.

Il film ha ricevuto numerose critiche perché non è molto curato dal punto di vista medico. Io però non credo che ci fosse bisogno e soprattutto che l'intento non fosse questo. Penso infatti che il film voglia proporsi di raccontare cosa si conosce e cosa noi per prime possiamo fare per prevenire. La scena in cui si palpano il seno per quanto divertente, è una cosa che tutte noi dovremmo saper fare ed è una cosa che tutti consigliano di fare. La prevenzione stessa è una cosa che tutti consigliamo ma nessuno fa se non è messo alle strette.

giovedì 9 ottobre 2014

Boxtrolls - Le scatole magiche | Recensione

Qualora non si fosse capito, il 7 sono iniziate le lezioni e io sono SFINITA. Eccetto Domenica per guardare il film, ho acceso il pc per la prima volta oggi. Ho in sospeso un sacco di serie tv e probabilmente rimarranno così per tanto tempo perché alle 6 di sera ho già molto sonno. Nel frattempo ho iniziato il corso di storia e critica del cinema e sono davvero entusiasta.
Comunque, come ho già detto, Domenica ho guardato un film. Visto che la mia passione sono i film d'animazione, ho optato per boxtrolls. Ho scoperto del film grazie alla pagina facebook ma credo proprio che poi tutti l'abbiano visto grazie al trailer in tv. Ecco, una cosa a proposito di questa cosa, vorrei dire che le immagini non rendono abbastanza, perché il film è davvero troppo bellino e secondo me quelle poche scene lo sminuiscono moltissimo.

Boxtrolls - le scatole magiche (2014, USA, G. Annable & A. Stacchi) è un film d'animazione in stop-motion basato sul romanzo illustrato Here Be Monsters! di Alan Snow.
Il film racconta la vita di questi boxtrolls, che a differenza di quanto si potrebbe dedurre dal secondo titolo italiano, le scatole vengono usate solo come guscio... in pratiche di "scatole magiche" non hanno proprio niente!
Questi troll sono creature timidissime, che vivono di razzie notturne. I troll si fanno una brutta fama quando vengono accusati di aver rubato un bambino e di averlo mangiato. Nell'immaginario comune, sono degli esseri orribili e violenti, con lunghi denti e affilati artigli, senza scrupoli che saccheggiano tutto. Il timore più grande di tutti è che i troll vogliano arrivare ai formaggi, che sono l'ossessione dei ricchi e potenti (le tube bianche) della città di Gorgonzola.

In realtà questi troll sono tutt'altra cosa: sono timidi ma grandissimi inventori, usano le scatole dei rifiuti come protezione per nascondersi al loro interno in caso di pericolo come fossero tartarughe. I loro nomi sono quelli del prodotto ospitato dalla scatola: Scarpe, Pesce, Uovo. Quest'ultimo in particolare è il bambino che tutti accusano essere stato rapito e mangiato da piccino. Verrà fuori un po' in là nel film, che lo hanno adottato perché dei balordi volevano prenderlo al padre, che tutti credevano morto.

Uovo cresce con loro, con Pesce come padre, senza mai accorgersi di non essere un umano. Tutto fila liscio finché non vengono fuori i balordi di cui ho parlato sopra: un uomo prepotentemente allergico ai formaggi che aspira ad avere la tuba bianca per fare l'assaggiatore di formaggi e tre tirapiedi di cui non ricordo il nome ma che in sostanza sono il Lungo, il Corto e il Pacioccone. In sostanza questi tre individui fanno da "accalappia-troll" per conto dello sterminatore Archibald, che grazie ad un ricatto/promessa riceverà la tuba bianca dopo aver acchiappato i troll e messo in sicurezza il formaggio.

Quando la cittadina sotterranea inizia a spopolarsi e Pesce viene catturato, Uovo cercherà di salvare la sua piccola famiglia. E ci riuscirà grazie a Winnie, la figlioletta del sindaco e da lui beatamente ignorata. È odiosa per la maggior parte del film, lo premetto, però saprà riconoscere subito in lui quel ragazzino che tanti anni fa sparì dalla città. Una volta che Uovo capirà di non essere un troll ma un essere umano, potrà finalmente unire la sue due vite per salvare i troll.
Eh già. Archibald non li ha uccisi! Li ha rinchiusi in una sorta di cantina per sfruttare le loro doti da inventore e, con l'aiuto del padre umano di Uovo che poverello è in realtà stato rapito e, appeso a testa in giù per anni, è impazzito...

Perfetto! La recensione finisce qui perché non ha senso andare oltre, visto che il film è uscito da pochissimo. Detto questo, mi è piaciuto un sacco soprattutto il significato. Il tirapiedi Lungo per tutta la parte del film si ripete, come per cercare conferme, che è giusto che il bene (gli umani) abbiano la meglio sui cattivi (i troll) e il Pacioccone, per tutta risposta, gli chiede se è davvero sicuro che gli umani siano dalla parte dei cattivi. Alla fine del film inoltre c'è un interessante monologo di Archibald che spiega molto egoisticamente il perché è giusto che gli uomini abbiano il potere di dominare gli altri esseri viventi della Terra. È un interessante punto di vista, in un mondo in cui un'orsa difende i suoi cuccioli da un potenziale pericolo e viene uccisa, in un mondo dove gli zoo sono pieni di animali da salvaguardare e tanti si stanno estinguendo per la deforestazione, la stregoneria e la medicina orientale.
Consigliatissimo, anche per gli adulti.

lunedì 29 settembre 2014

The Giver - il mondo di Jonas | Recensione

Salve. Chiedo umilmente venia ma sono sepolta dalla burocrazia universitaria che mi sta semplicemente facendo impazzire. Tra tasse, esoneri, borse di studio, mi sta passando tutto l'entusiasmo per il mio terzo ed ultimo anno. Ah, io il 3 inizio le lezioni di storia e critica del cinema e non sto più nella pelle, giuro!
Comunque, tornando alle cose serie: The giver l'ho visto praticamente il giorno seguente di Si alza il vento, quello che mi è mancato è stato semplicemente il tempo di scrivere qui il mio pensiero sul film. Complessivamente sì, mi è garbato tanto.

The Giver - il mondo di Jonas (2014, USA, diretto da Phillip Noyce) è il primo fortunato capitolo della saga di Lois Lowry, che si intitola The Giver - Il donatore cui fanno seguito La rivincita, il messaggero e il figlio. Personalmente, tra appassionata lettrice, non ho mai capito come facciano le persone a scoprire queste serie meravigliose prima del film (a me è successo con Fairy Oak ma Elisabetta Gnone continua a non voler vendere i diritti e con Twilight e sappiamo tutti la gran porcata che è stata fatta con l'adattamento dei film), vi assicuro che li invidio con tutto il mio cuore e mi piacerebbe tanto poter anticipare il grande schermo una volt tanto. Personalmente, non avendo letto niente, non posso sapere se la cosa è riuscita oppure no, pertanto io posso dare un parere sol per quanto riguarda il film ed è un giudizio assolutamente positivo.

Il film inizia con Jonas e i suoi due più cari amici Fiona e Asher che parlano entusiasti della cerimonia di smistamento che li assegnerà ad un lavoro preciso nella società e noi non sappiamo praticamente niente del mondo di Jonas, a parte il fatto che è tutto incolore (il film è in parte in bianco e nero) e omologato in modo quasi nauseante. Durante la cerimonia i più piccoli ricevono una bicicletta, rigorosamente bianca e uguale per tutti, con la quale i bambini acquisteranno la prima "indipendenza" e i più grandi, invece, entrano nel mondo del lavoro (beati loro, ho pensato). Fiona diventa una tutrice/infermiera, Asher finisce per progettare e guidare droni e Jonas diventa un raccoglitore.

Raccoglitore di cosa? Dei ricordi del vecchio mondo. A questo punto possiamo venire a conoscenza di come si è passati finalmente dal nostro mondo al loro: gli umani, sfiancati dalla guerra, dall'inquinamento, dalla distruzione generale, ha deciso di "esiliarsi" e privarsi di ogni emozione tramite una iniezione mattutina. Da questo momento in poi, i saggi con a capo Elder (interpretata come sempre egregiamente da Meryl Streep) programmano e combinano la loro vita nei minimi dettagli, dalla nascita alla morte. Nessuno si innamora, le copie vengono formate secondo le affinità e i figli gli vengono affidati dopo essere stati messi al mondo da una donna il cui scopo nella vita è partorire in stile ape regina. Jonas dovrà quindi raccogliere dal suo donatore i ricordi del vecchio mondo, dalla musica ai colori per poter capire come da "famiglia" si sia arrivati ad unità famigliare. Il donatore è un uomo "particolare" che conserva dentro di sé il rimorso per la fine che ha fatto la vecchia custode delle Memorie. Solo dopo si saprà che la ragazza (la pubblicizzatissima Taylor Swift che appare nel film solo tramite ricordi e complessivamente per, esagerando, una decina di minuti) era la figlia del donatore e che, traumatizzata dai ricordi, ha deciso di andare in congedo nell'Altra Parte.
Ma quali possono essere i ricordi così brutti? Jonas adesso conosce la musica, conosce i colori (il film stesso inizia a colorarsi appena), conosce l'amore. A piacergli di meno è la guerra, il bracconaggio e tutti quei ricordi che il nuovo mondo ha voluto necessariamente cancellare, sacrificando la propria libertà per un posto dove tutti hanno uno scopo utile ad una società che si è praticamente auto-esiliata impedendo a tutti di conoscere il resto del mondo.

Jonas, che sarà abbastanza forte da "vincere la guerra" e far conoscere l'amore a Fiona che verrà trascinata in questo circolo illegale e contro le regole, convincendola a non fare più le iniezioni, scoprirà anche com'è che questo mondo è così disciplinato: il congedo e l'Altra Parte, in pratica, sono un modo carino per parlare di pena di morte. Si tratta di una piccola puntura che chiunque non rispetti le regole, non svolga il proprio lavoro, si ribelli al sistema deve farsi fare senza fiatare... ma quello che sconvolge Jonas è il fatto che queste vengano fatte anche ai bimbi che non rispettano dei determinati "standard anatomici". Ed allora, adesso che ci pensiamo, possiamo renderci conto che non esistono persone con la pelle scura o con gli occhi a mandorla. Sono tutti uguali anche nella forma e nel colore. La cosa sconvolgerà Jonas soprattutto quando nella sua unità famigliare verrà introdotto un neonato destinato all'Altra Parte e il ragazzo riconoscerà nel piccolo, tramite un piccolo neo che serve per collegare i pensieri, il futuro raccoglitore. Questo legame convince Jonas che le emozioni sono più importanti della guerra e, con l'aiuto del donatore e dei suoi amici, prenderà con sé il neonato e passerà oltre la città per andare alla ricerca di quel qualcosa che potrà ridare la memoria a tutti quanti.

Diciamo che l'idea di base, dove lo Stato ti accudisce e ti tutela, dandoti un posto di lavoro sicuro e uno scopo nella vita credo sarebbe, per la maggior parte di italiani me compresa, una sorta di benedizione, tanto più che i mestieri venivano attribuiti tramite le attitudini dell'individuo e non così a caso. Era davvero idilliaco, se non consideriamo l'inibizione delle emozioni e l'impossibilità di farsi una famiglia e poter scegliere il proprio partner per amore.
Però, voglio dire, io studio lingue e non potrei mai vivere in un mondo dove la cultura è una sola e soprattutto non potrei vivere in un mondo senza animali (questo lo sappiamo perché il "padre" di Jonas scambia il peluche di un elefante per un ippopotamo col naso lungo). Occorre quindi fare una doverosa riflessione, che credo sia il punto cruciale del film: fino a che punto può spingersi l'umano, con il suo ego smisurato, la sua voglia di strafare e la sua supremazia prima di arrivare a questo punto?
Nota dolente del film: La presenza di Katie Holmes nel cast, del tutto superflua visto che per tutto il film dice solo "precisione di linguaggio" e ogni volta che la inquadrano (comunque pochissimo) ha in faccia la stessa smorfia che ha avuto la la maggior parte delle puntate di Dowson's Creek. In compenso ho davvero, ma davvero, apprezzato il mondo graduale in cui i colori sono apparsi nel film.

domenica 21 settembre 2014

Si alza il vento (...il faut tenter de vivre!) | Recensione

Giovedì io, mia cognata e mio fratello ci siamo seduti nel mi divano-letto e, ammorbidito lo schienale con i cuscini, ci siamo regalati la visione di Si alza il vento. Diciamo che a questo preferisco altri capolavori del Maestro, ma sinceramente ho dovuto guardarlo abbracciando Mokona da quanto è commovente, soprattutto se poi lo si guarda come ho fatto io pensando che questo è almeno per il momento il suo ultimo lavoro. Disegni meravigliosi come sempre, una colonna sonora impeccabile; l'unico punto a sfavore direi che è la presenza di alcune scene esageratamente lunghe, che comunque non cambiano il fatto che siano 126 minuti appassionanti e meritevoli.




Si alza il vento (2013, Giappone, Hayao Miyazaki) è liberamente ispirato all'omonimo manga dello stesso Miyazaki, che si ispirò al sempre omonimo romanzo di Tatsuo Hori. Si racconta la vita romanzata di Jiro Horikoshi,il famoso ingegnere aeronautico della seconda guerra mondiale vissuto fra il 1903 e il 1982.
La storia inizia con il nostro protagonista ancora piccolo, quando la dimensione del sogno di quest'ultimo incontra quella del signor Caproni. Dopo un breve dialogo tra i due, Jiro decide che sarebbe diventato un progettista d'aeri, visto che a causa dei suoi problemi alla vista non potrà mai pilotarli.

Facciamo un poderoso passo avanti alla mattina del 1 Settembre del 1923, quando il nostro Jiro ha circa 20 anni e si trova su un treno diretto a Tokyo, dove inizierà gli studi di ingegneria, a bordo del quale avviene il primo incontro con la bella Nahoko. L'atmosfera timida e romantica è destinata a durare ben poco, perché quel giorno in Giappone avvenne il Grande terremoto del Kanto. Nel clima di paura la domestica della ragazza si spezza una caviglia e Jiro, da grande gentiluomo, aiuta le due donzelle a raggiungere la loro casa. I due si separano senza sapere i rispettivi nomi.

Terminati gli studi Jiro inizia a lavorare per la Mitsubishi e viene mandato in Germania insieme ad un suo caro amico per ottenere la licenza di produzione di uno Junkers. Tornato in patria, tutti i suoi progetti si rivelano dei fallimenti, nonostante tutti continuino a lodare le sue idee assolutamente innovative e la sua straordinaria intelligenza. Oppresso e deluso dal lavoro, si concede una breve vacanza in un hotel dove incontra di nuovo Nahoko, che nel frattempo è diventata un'appassionata pittrice. Jiro finisce per "salvarla" altre due volte: la prima recuperandole un ombrello e la seconda aiutandola a tornare a casa durante un acquazzone dopo il loro incontro. I due si innamorano, ma capiamo subito che c'è qualcosa che non va: Nahoko si ammala e i due si innamorano in stile Romeo e Giulietta. A osservare il tutto c'è il turista tedesco Hans, che annuncia all'ingegnere la volontà tedesca di riaprire il conflitto prevedendo anche la partecipazione giapponese, che allargherà la guerra a livello mondiale.
Quest'ultimo fuggirà poco dopo che Jiro chiederà a Nahoko di sposarlo e lei accetterà, dicendogli che le nozze si sarebbero svolte solo dopo la sua guarigione dalla tubercolosi.

La malattia di Nahoko peggiora e viene ricoverata in ospedale, mentre Jiro è braccato dalla polizia segreta che lo cerca per via di Hans. Quando le condizioni di Nahoko non lasciano alcuna speranza i sue decidono di sposarsi e vivere assieme. Jiro continua a lavorare instancabile per costruire l'aereo dei suoi sogni, quello stesso aereo fatto di carta che fece innamorare i neo sposi l'uno dell'altra. Vivono davvero dei bellissimi momenti insieme, forse questa è la parte più bella del film. Ma (perché sempre un ma) non passa molto tempo il nostro gentleman si vedrà costretto a partire per pochi giorni per lavorare ad un importante progetto per la Mitsubishi.

BENE! Il racconto finisce qua, il finale non lo rivelo, anche se è facilmente recuperabile su Wikipedia non voglio macchiarmi di questo crimine. Non anticipatevi niente, vale la pena vederlo. Un'altra piccolissima critica molto personale alla luce di tutto questo devo farla: il fumo assiduamente presente nel cartone. Ho letto su internet che questo è costato in alcuni paesi anche divieti a certe fasce d'età. Tuttavia comprendo che a quell'epoca la sigaretta era irrinunciabile e apprezzo la ricostruzione storica che nello studio Ghibli è sempre perfetta.
Comunque, consigliatissimo!

mercoledì 17 settembre 2014

Penelope | Recensione

Sono reduce da un esame di spagnolo, ho passato gli ultimi giorni in una specie di stato psichedelico dove ripetevo le declinazioni dei verbi come mantra. Per cui, ecco un post leggero, leggero, leggero. Ovvero il mio film preferito: Penelope (2006, USA, diretto da Mark Palansky), visto per puro caso in tv. Non amo molto la televisione, tanto che non ce l'ho neppure in camera e in quell'occasione ho costretto mio fratello ad ospitarmi nella sua camera, perché il trailer nella pubblicità mi aveva completamente stregato e non potevo assolutamente perdermelo.

Passiamo alla trama, il film è niente più niente meno che una fiaba "moderna", una specie di "La bella e la bestia" al contrario: Penelope è una ragazza figlia di artistocratici. Parecchie generazioni addietro qualcuno scagliò una maledizione sulla famiglia: la prima femminuccia nata, avrebbe avuto il naso e le orecchie da maiale. Caso volle che per anni vennero al mondo solo maschi. Fino a Penelope che, poveraccia, si trovò addosso la maledizione indirizzata al suo bis-bis-bis nonno. Per le orecchie nessun problema, la bella chioma fluente di Christina Ricci copre perfettamente il danno, ma per il naso la cosa si fa più difficile. La mamma di Penelope riesce a farsi una ragione del fatto ed in tutti i modi cerca di risolvere l'enigma che dovrebbe sciogliere la maledizione: solo quando qualcuno dello stesso genere della ragazza riuscirà a guardare oltre il suo naso, amandola e accettandola così com'è, la sfortunata potrà avere finalmente un aspetto umano. Interpretando il passo "qualcuno dello stesso genere della ragazza" come "un aristocratico" la donna organizza per la figlia degli incontri con dei nobili rampolli che puntualmente fuggono quando vedono il naso da maialino, lasciando la ragazza sempre più sfinita e demoralizzata.

Edward è un giovane ragazzo che partecipa ad uno di questi incontri e alla vista di Penelope fugge tanto veloce da non lasciare ai genitori il tempo di firmare il patto di segretezza, obbligatorio per tutti i pretendenti. Va in commissariato per denunciare il fatto, cui nessuno crede tranne Lemon (l'intramontabile Peter Dinklage) che vide Penelope alla nascita. I due decidono di fare coppia per dimostrare l'esistenza della ragazza-maiale e per far ciò assumono lo squattrinato col vizio del gioco d'azzardo Johnny (James McAvoy, aw lo adoro) che, sotto lo pseudonimo di Max, deve semplicemente far innamorare di sé la ragazza e convincerla a mostrarsi. Iniziano quindi una serie di tenerissimi incontri, i due si innamorano e quando lei decide di mostrarsi, lui si rende conto che non essendo nobile non può spezzare la maledizione e decide di lasciarla.

Penelope, col cuore spezzato e con una madre ansiosa (e un po' egoista) fugge di casa. Fa amicizia con alcune persone che non sanno della sua identità, perché nasconde il naso con una sciarpa. Per avere dei soldi invia le sue foto a Lemon, che a quel punto capisce che Penelope è solo molto sfortunata e decide di lasciarla in pace. Un giorno la ragazza ha un malore ed il mondo viene a scoprire il suo segreto: Penelope diventa semplicemente una star. Edward allora, per salvarsi la faccia, le chiede di sposarlo ma lei non amandolo veramente lo lascia all'altare. Torna a casa sua, in abito da sposa e la mamma estremamente delusa (perché pensava di aver finalmente risolto l'increscioso problema) le chiede il perché di quell'atteggiamento e... magia! Quando Penelope risponde «Perché mi piaccio così», la maledizione si spezza. La spiegazione è molto semplice: essendo unica nel suo genere, era lei stessa a doversi amare ed accettare!


...No, non preoccupatevi, non finisce qui! Perché il film fa un potente passo avanti: Penelope diventa una maestra ed un giorno, a Carnevale, si reca in un condominio, dove tutti sono mascherati dalla vecchia lei. Qui incontra Johnny (ebbene sì!), iniziano a ballare, lui la riconosce e si rimettono assieme, finalmente liberi. Il film termina con Penelope su un'altalena, molto simile a quella che aveva in camera sua, sulla quale si dondolava malinconicamente con suo muso da maiale... ma questa volta non è sola, a spingerla c'è il suo "principe azzurro"... E VISSERO PER SEMPRE FELICI E CONTENTI.
p.s. So che questo film è di una banalità incredibile, chiedo umilmente venia, mi piace troppo.

giovedì 11 settembre 2014

Hullabaloo steampunk animation: salviamo il 2D!

Duuuuunque sono stata parecchio impegnata questo periodo. Impegnata in senso negativo, purtroppo per me. Mai in vita mia mi era capitato di desiderare così ardentemente che l'estate finisse. Come dico sempre (è praticamente diventato il mio motto): l'unica cosa bella di una giornata di merda è la certezza che a mezzanotte finisce. Per me non è stata solo una giornata di merda, ma una stagione intera di merda. Ho praticamente passato Maggio, Giugno e Luglio e dare esami e poi ho dovuto affrontare la malattia fulminante di un parente. Avevo pure iniziato a scrivere per un giornale, che meraviglia, peccato che dopo un mese appena sia fallito. Capirete bene che per me, che sono il tipico sardo che passa tutti i fine settimana al mare in panciolle, questo è stato l'inferno. Triste, terribilmente caldo, sudato, disoccupato. Tutto quello che mi è successo mi ha portato a trascurare moltissimo il blog, che era partito come un progetto meraviglioso ed invece mi sembra quasi si vederci la polvere sopra. L'unica nota meravigliosa di quest'estate è stato un concerto dell'artista che più stimo e che non vedevo da due anni: Caparezza. Sto dedicando un post alla canzone Kevin Spacey, ma è più lungo di quanto mi aspettassi e purtroppo, con la sessione di Settembre e un esame di spagnolo (sigh) alle porte, non posso dedicargli il tempo che meriterebbe.
Quindi faccio una capatina giusto per copiaincollare un articolo che ho scritto per lavanderiayoung.com, con la quale collaboro da un mesetto circa.
L'articolo parla di Hullabaloo:


Per gli appassionati del 2D e dello steampunk “Hullabaloo” rappresenta un progetto nuovo e assolutamente imperdibile. Per chi non lo sapesse, lo steampunk è una corrente della narrativa (letteraria, cinematografica, illustrativa…) che introduce la tecnologia anacronistica basata interamente sul vapore (sono rappresentativi gli ingranaggi) in un’ambientazione storica che solitamente si riconosce nell’800. Per intenderci, i film di Miyazaki si basano sullo steampunk, così anche Hugo Cabret di Marin Scorsese.

Ma che cos’è, nello specifico, hullabaloo? Bene: Hullabaloo è un film composto da veterani Disney e dell’animazione in generale che semplicemente, vogliono salvare il 2D (come da sempre si propone lo studio Ghibli) che è ormai stato sostituito dal 3D. Insomma, si vuole salvare l’animazione tradizionale, quella fatta di contorni neri con cui noi tutti siamo cresciuti. E lo staff del progetto è sensazionale: il creatore è James Smith, ovvero il “papà” de Il re Leone, Pocahontas e del corto da Oscar Paperman; tra gli animatori troviamo, invece: Bruce Smith (Roger Rabbit, Tarzan), Rick Familoe (La Sirenetta, La bella e la bestia, Aladdin), Mikyou Lee (La prinicipessa e il ranocchio, Frozen), Sandro Cluezo (Come d’incanto, Le follie dell’imperatore, Kung fu Panda), Sarah Airries (Ralph Spaccatutto); per la final line c’è Aleza Summerfield che ci ha regalato capolavori Dreamworks come Il principe d’Egitto, Spirit e Sinbad;il CG Modeler è Joffery Black (Gli incredibili, Ratatouille, Spongebob) e Leo Oliveto; alle musiche c’è il pluripremiato Manel Gil-Inglada; al doppiaggio facciamo faville: Yuri Lowenthal (il Sasuke di Naruto), Mary Robinette Kowal e un nome che agli appassionati di steampunk sarà ben noto, G. D. Falsaken. Alla produzione c’è Evely Kriete e alla composizione Jane Akuna (Jobs).
Insomma con film del genere la cosa promette davvero bene, visto che gli animatori hanno avuto tutti a che fare in qualche modo con capolavori dell’animazione che ci rendono nostalgici solo a pensarci. Il film va avanti con le donazioni su indiegogo (indiegogo.com/projects/hullabaloo-steampunk-animated-film). La campagna partita il 27 Agosto… e ad oggi è arrivata al 335%! Giusto per intenderci, l’obbiettivo era di 80,000 USD, ne ha raggiunti 267,611 e, visto che la campagna finisce il 1 Ottobre, probabilmente le donazioni arriveranno ancora.
Forse è merito dello steampunk, forse del fatto che in fin dei conti l’animazione classica piace ancora tanto a tutti ma Hullabaloo è un successo già prima di uscire.


Non so voi ma io avevo la lacrime agli occhi appena ho visto i disegni e i nomi degli animatori. Sto seriamente sperando con tutto il mio cuore che assieme al film escano una serie di gaget a tema steampunk che per chi come me non "gli piace" ma "l'ossessiona" (in inglese suona meglio: I don't like, I obsess) è il paradiso. Aspetto con ansia nuovi sviluppi ed inizio a conservare i soldi per cinema (di nuovo sigh, mi tocca conservare soldi per tutto).
Una piccola considerazione: a me il 3D non dispiace, come non mi dispiace la visione a Planetarium (l'ho provata ad Amsterdam) anche se riconosco fa male al collo in un modo incredibile; non sono una persona particolarmente nostalgica, nel senso che rimango aperta alle nuove tecnologie/adattamenti che spesso mi garbano assai. Però io adoro disegnare, oltre che scrivere e sono praticamente cresciuta col callo dello scrittore. Insomma, a me piacciono i disegni in 2D perché per me sono qualcosa di intimo e familiare. E sono comunque una tecnica di animazione che va preservata e non deve estinguersi. Non mi piace considerarla come "primitiva" ma come una tecnica a sé!

lunedì 1 settembre 2014

Film introversi, non si è soli nemmeno nella solitudine

Definisco film "introversi" quelli che parlano di personaggi timidi e sociofobici.
Il motivo per cui amo questi film è che io sono così: timidissima e completamente incapace di fare amicizia. Non sto scherzando e non fa ridere. Sono solitaria non perché non apprezzo l'essere umano ma perché la mia timidezza mi impedisce qualsiasi interazione sociale e nella mia vita non so quante occasioni ho perso a causa di questa cosa. Credo che sia tutto dovuto al fatto che i miei compagni mi prendevano in giro perché soffro di sigmatismo e zetacismo (giusto per intenderci, parlo come Jovanotti) e questa cosa col tempo ha finito col bloccarmi -motivo per cui ho aperto un blog e non un canale youtube-; come se non bastasse, ho una fortissima cadenza sarda e pare che questo sia un divertente motivo per sbeffeggiarmi.  Se poi ci aggiungiamo il fatto che sono una persona molto, molto, molto ansiosa il gioco è fatto. Quando mi capita di dare esami orali all'università sfoggio un italiano e un inglese che vi assicuro è imbarazzante, nonostante tutti in situazione di quiete, si complimentino sempre per il mio lessico. Insomma, questa cosa sta compromettendo la mia sanità mentale, non sto scherzando. Quindi ho deciso di rincorrere ai ripari e ho iniziato a leggere Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita di Giulio Cesare Giacobbe, autore che alcuni miei amici mi avevano già in precedenza lodato e consigliato. In sostanza si tratta di una divertente guida del 2003 che si propone tramite alcuni esercizi di yoga e buddhismo zen (eh lo so, sembra già figo così) di farti vivere una vita normale. Credo che dopo questo libro proverò qualche altra guida dello stesso autore come La paura è una sega mentale e magari come diventare un Buddha in cinque settimane. Ecco alcuni protagonisti dei film che hanno disperatamente bisogno di leggere questo libro, esattamente come me:

Angélique Delange & Jean-Réne, protagonisti di Gli emotivi anonimi (Les émotifs anonymes, 2010 Francia, directed by Jean-Pierre Améris). Amo questo film, è uno dei miei preferiti (ma non quello in assoluto, a cui voglio dedicare un post a parte) ed è naturalmente francese. Dunque: chi sono gli emotivi anonimi? Esattamente come gli alcolisti anonimi, sono un gruppo di supporto dove a far da protagonista è l'emotività e la timidezza. I partecipanti sono veri e propri casi umani, roba dell'altro mondo e Angélique ne fa parte. Lei è una cioccolataia bravissima che vive sotto mentite sponde perché incapace di mostrarsi al pubblico e godersi il meritato successo. Jean-Réne invece è a capo di una piccola azienda di cioccolato in crisi -anche a causa della sua timidezza-, che non riesce a legare in alcun modo con le donne e che conscio di questo è in cura dallo psicologo. Quando quest'ultimo darà a Jean-Réne il compito di interagire con la timida Angélique, ci saranno una serie di avvenimenti tragicomici che, vi giuro, mi hanno fato ridere di quella che in fin dei conti è la mia stessa debolezza portata all'esagerazione. Il finale soprattutto, è bellissimo: i due pronti a sposarsi decidono di fuggire assieme perché incapaci di sostenere la tensione, vivendo quindi la loro fobia sociale insieme.

James Sveck, di Un giorno questo dolore ti sarà utile (One day this pain will be useful to you, 2011, Italia/USA, directed by Roberto Faenza). Non potrò mai dimenticarmi questo film e come l'ho visto, sembrava uno scherzo del destino: l'anno della mia maturità ho partecipato come giuria per il David di Donatello e, in poche parole, quello che dovevo fare era semplicemente recarmi al cinema una volta a settimana per guardare un film "a scrocca". Non mi capita mai di arrivare tardi in posti dove devo entrare in una stanza piena di gente, come può essere appunto il cinema o ad esempio una lezione in facoltà. Però quella volta successe ed ero molto combattuta tra l'entrare nella sala e passare inevitabilmente sotto lo sguardo di tutti o tornare a casa e uscire dal progetto, visto che avevo terminato le assenza possibili. Alla fine, grazie all'aiuto del buio in sala, entrai e fu lì che conobbi James Sveck nato prima di tutto come personaggio "introverso" del mondo letterario (il film è tratto dall'omonimo romanzo di Peter Cameron. Se vi dovesse capitare leggetelo, è meraviglioso). James è solitario, timido, il migliore amico del suo cane, definito un disadattato perché durante una gita con la classe in preda ad un attacco di panico fuggì dal guppo e passò diversi giorni da solo in un museo a fare quello che più gli piace, ovvero leggere. Nonostante nella sua famiglia siano tutti abbastanza bizzarri, James è l'unico che viene mandato da una life coach, in seguito alla sua decisione di non andare all'università e di trasferirsi a vivere in una casa lontano dal caos di NY. Quando poi James ingannerà, senza sapere nemmeno lui il perché, un ragazzone che lavora alla galleria della madre creando non pochi problemi, cercherà e troverà conforto nell'unica persona che l'ha sempre sostenuto: sua nonna. Il punto cruciale di della solitudine di Sveck credo sia la lotta tra la sua consapevole introversione e l'inconscia ricerca di un'anima gemella, quasi come per ribadire il concetto che anche le anime più solitarie hanno bisogno di qualcuno al proprio fianco.

Lars Lindstorm, da Lars e una ragazza tutta sua (Lars and the real girl, 2007, USA, directed by Crieg Gillespie). Semplicemente non crederete ai vostri occhi: Lars (un semprebello Ryan Gosling) è così timido che sembra avere un qualche ritardo mentale. Rifiuta qualsiasi interazione, snobba una sua collega carinissima che cerca in tutti i modi di conquistarlo e soprattutto si innamora... di una real doll a grandezza naturale. Lars la chiama Bianca ed inventa per lei una biografia perfetta nei minimi dettagli: di origini brasiliane, è paralitica e costretta in una sedia a rotelle (così da poter giustificare il fatto che una bambola non può camminare). Inoltre, essendo entrambi fortemente credenti, chiede al fratello e a sua moglie incinta di ospitare la ragazza, perché entrambi non sono d'accordo a dormire assieme. La psicoanalista a cui il fratello si rivolgerà ovviamente preoccupato per il fratello, consiglia di trattare Bianca come se fosse reale assecondando quindi Lars e coinvolgere l'intera comunità nella farsa. La cosa funziona, infatti sarà Lars stesso a far ammalare Bianca che morirà nel giro di non molto tempo. Paradossalmente Lars guarirà dalla sua timidezza e potrà finalmente farsi una vita sociale (so che volete sapere come finisce tra lui e la collega, ma non ve lo dico).

Amélie e Nino de Il favoloso mondo di Amélie (Le fabuleux destin de Amélie, 2001, Francia, directed by Jean-Pierre Jeunet). Credo che i più abbiano visto questo film, quindi credo che capiscano benissimo perché Amélie rientra in questa categoria. E Nino pure, è timido persino il suo hobby di collezionista di fototessere. Amélie è una ragazza particolare, del tutto fuori dagli schemi sociali e, anche in questo caso, si innamora di uno come lei. Però, attenzione, ci sono altri due personaggi all'interno del film che rientrano in questa categoria di cui però purtroppo non ricordo il nome e internet stavolta non è riuscito ad aiutarmi: la collega di Amélie al "Café des 3 moulins" e il fedele cliente. Questi due personaggi passano buona parte di film a scambiarsi sguardi timidi e al contempo passionali, creando un casino dopo l'altro e senza in pratica mai concludere niente. Alla fine la passione che poi scoppierà in bagno, piuttosto rumorosamente. Per la gioia di tutti.

Renée Michel e Paloma Josse de il riccio (Le Hérisson, 2009, Francia, directed by Mona Achace). Il titolo è già una metafora perfetta, quello del romanzo da cui è tratto lo è anche di più: l'eleganza del riccio, di Muriel Barbery. Renée è la portinaia di un palazzo, che si mostra con chi abita nel palazzo come burbera e antipatica, capace di voler bene solo al suo gatto. In realtà la donna vuole nascondere a tutti i costi la sua passione per la letteratura e la filosofia. Paloma Josse invece è un'undicenne estremamente intelligente, che si rifiuta di diventare come gli adulti e pertanto brama il suicidio il giorno del suo dodicesimo compleanno. Tra Renée e Paloma nascerà una profonda ed intima amicizia, conciliata da Kakuro Ozu, che fra l'altro riuscirà a far ammorbidire il cuore vedovo e sofferente di Renée. Dimostrazione di come due persone che non riescono ad integrarsi nella società possono essere la salvezza l'una per l'altra.

Ce ne sono altri milioni di personaggi del genere, ma questi sono senza dubbio sulla mia top-fiver personale. Aggiungerei anche Edward mani di forbici ma alla fine, poveraccio, aveva anche ragione a sentirsi un attimino fuori dal comune. Esistono ad esempio una serie di documentari, manga e anime che parlano dell'Hikikomori, ovvero una sindrome sviluppata soprattutto in Giappone dove baldi giovani e meno giovani si isolano volontariamente, vivendo in un modo artificiale fatto di fumetti e tv. In Asia, dove le aspettative lavorative e scolastiche raggiungono livelli che metterebbero a rischio la sanità mentale di chiunque, è un fenomeno pericolosamente in crescita. Ma finché non si raggiunge quel tipo di eccesso, i timidi di questa loro particolarità possono riderne.

venerdì 29 agosto 2014

Cinema asiatico contemporaneo: tre belle proiezioni da vedere

Diciamo che in passato non amavo i film asiatici eccetto qualche proiezione che non si può non lodare come La foresta dei pugnali volanti o La tigre e il dragone. Probabilmente il mio astio nasce dal fatto che mal sopporto i film con scene lunghe e inconsistenti, spesso con pochissimi dialoghi (come ce ne sono taaaanti francesi dello stesso tipo, ad esempio Il figlio, che ho visto ieri).
Ah, a proposito, io faccio parte di quelle poche anime a cui 47 Ronin è piaciuto. Certo, non ho tanto gradito che i Tengu fossero "snasati", ma per il resto mi è piaciuta moltissimo la rivisitazione della storia e dopo averlo visto in streaming mi sono fiondata al cinema per vederlo in HQ.
Tornando a noi, sono solita noleggiare i dvd nella biblioteca del mio paese e qualche volta vengono portate anche certe perle che nessuno mai prende perché ad esse vengono preferiti titoli più noti... e americani. Mia madre però prende in pratica tutto quello che non ha visto, infatti credo di aver guardato anche una quantità non indifferente di film sul medio oriente -magari come mi tornano in mente pian piano, faccio un listone e gli dedico un post-. E per un paio di pomeriggi di fila, insieme, dopo pranzo, ci siamo concesse tre la visione di tre piccole e silenziose proiezioni made in Asia, un continente che si sta prepotentemente prendendo un posto speciale nel mio cuore.

 The Bow (활 Hwal, 2005, Corea del Sud, directed by Kim Ki-duk). Premessa: se non vi piacciono e vi annoiano a morte i film con pochi dialoghi, rinunciare in partenza, ci lascereste le penne di sicuro. E quando dico "pochi dialoghi" son seria: per la bellezza di 90 minuti i protagonisti non dicono una parola, nemmeno una. Al limite emettono qualche suono (una risata, un lamento, un, ehm... gemito), gli unici dialoghi sono quelli che i pescatori hanno fra di loro o cercano di avere con i protagonisti. Ve li voglio proprio presentare questi due muti personaggi: un uomo di sessant'anni e una ragazza di appena 16. Per buona parte del film ho creduto che l'uomo avesse salvato la bambina da chissà quale avversità e mi sbagliavo: l'egregio signore ha rapito la bambina quando questa aveva appena sei anni, se l'è portata sulla nave e ora attende il suo diciassettesimo compleanno per sposarla. La ragazza, pover'anima, non ha capito nulla di tutto questo e lascia che l'uomo si prenda cura di lei come un padre (un padre abbastanza pudico, le fa il bagno ogni sera ma non la guarda mai nuda), che intanto ogni santissima notte segna sul calendario i giorni che mancano a coronare il suo sogno d'amore. I due campano affittando la nave ai pescatori, uomini che spesso molestano l'ingenua sedicenne e che l'uomo prontamente minaccia con arco & frecce e predicendo il futuro con l'ausilio per sopracitato strumento, facendo un rito pericoloso e abbastanza ansiogeno.
Un giorno arriva alla barca un ragazzo liceale e si innamora della ragazza, che lo ricambia. Qui la situazione inizia a farsi più complessa: l'uomo si ingelosisce, la ragazza infastidita lo provoca e nel frattempo e scopre del matrimonio. Decide di lasciare la nave con l'aiuto del ragazzo che, non riuscendo ad accettare la situazione, ha rintracciato i genitori di lei che ancora la cercano. L'uomo anziano, non riuscendo ad accettare la fuga di lei, cerca di uccidersi, lei lo capisce, torna indietro e decide di SPOSARLO (ebbene sì). Il tutto difronte a quel povero ragazzo che si è fatto in 4 per cercare di salvarla, rischiando più volte di pungersi il culo grazie alle frecce gelose del vecchio arciere. Quando gli sposini prendono il largo per consumare le nozze mentre il ragazzetto rimane sulla nave con due galline, il vecchio improvvisamente capisce che non può averla e che non sarebbe giusto (o almeno questo è quello che ho dedotto io), quindi si butta in mare. La bella signorina mentre lui faceva queste considerazioni morali, ne ha approfittato per farsi un pisolino, quindi si accorgerà di esser vedova solo al suo risveglio. Ma è qui che accade una cosa meravigliosa, la scena più bella del film... che non ho alcuna intenzione di rivelarvi.
Ora, anche se ne parlo in toni estremamente ironici, il film mi è piaciuto molto. Come storia è un po' paradossale, però se avete abbastanza pazienza ed intuito, credo che si meriti un po' del vostro pomeriggio.

Poetry (Shi, 2010, Corea dl Sud, directed by Lee Chang-dong). Una ragazza si suicida e dal suo diario vien fuori che ha compiuto l'orribile gesto dopo aver subito per mesi violenza da parte dei suoi compagni. Nel frattempo Mija, donna affetta da alzheimer, badante che vive assieme al nipote affidatogli dalla madre a seguito della sua separazione, si iscrive ad un corso di poesia. Il maestro del corso chiede ai suoi allievi di scrivere una poesia da leggere poi in classe l'ultimo giorno ed il film gira proprio intorno alla ricerca d'ispirazione della donna che, a causa dei motivi che fra poco vi spiegherò, non riesce a mettere insieme più versi. La vita della donna e quella della ragazza suicidata si intersecano, infatti, nel peggiore di modi: tra i ragazzi che hanno stuprato la ragazza c'è anche il suo amato nipote. Alla riunione con i padri degli altri ragazzi stupratori Mija viene a conoscenza del fatto che c'è la possibilità di occultare il fatto (e garantire di conseguenza un futuro ai ragazzi) pagando ai genitori della malcapitata una cifra che la donna, visto il suo modesto lavoro e la sua misera pensione, non può assolutamente permettersi. Tutto questo, unito al senso di colpa per il gesto del nipote dopo aver conosciuto la madre della ragazza, la porteranno in un momento di debolezza a sfogarsi con un poliziotto e raccontagli l'accaduto. La donna farà sesso con l'uomo per cui lavora, invalido, per poi ricattarlo ed avere così i soldi da dare ai genitori della suicidata. Il nipote verrà arrestato e la Mija finalmente avrà la coscienza libera e sarà in grado di comporre la tanto desiderata poesia.
Il finale è un po' enigmatico, quindi non mi sembra corretto darvi la mia versione.


A Simple Life (Tao Jie, 2011, Hong Kong, directed by Ann Hui). A Simple Life è un film, semplice. Semplicemente splendido. Racconta la storia vera di Roger Lee (Leung nel film) e della sua amah (qualcosa di simile ad una governante) Ah Tao. Ah Tao lavora per la famiglia Leung da quando aveva appena tredici anni e quando tutti si son trasferiti in America, lei si occupa di Roger, rimasto in Cina dove lavora come produttore cinematografico. Un giorno Ah Tao ha  un'infarto che le cause un'emiparesi a seguito della quale decide di ritirarsi in una casa per anziani. Roger decide di pagare tutto e non è disposto ad abbandonarla: andrà a trovarla e si occuperà di lei fino alla fine. Come ho detto, è un film semplice ma di una sostanza incredibile. L'affetto e la gratitudine che tutta la famiglia Roger prova nei confronti di Ah Tao mi ha riempito il cuore, davvero. E il tutto si racchiude nella frase di chiusura al funerale di Ah, quando Roger semplicemente, dice «Ah Tao è stata un dono del cielo per la nostra famiglia»